Newsletter n°9 del 10 Giugno 2014

La lettura dei dati elettorali è molto chiara a questo proposito. Rispetto alle elezioni politiche del 2013 il Pd ha conquistato 2 milioni e mezzo di voti in più, in gran parte provenienti dal Movimento Cinque Stelle (circa un milione), da Forza Italia (più di 400 mila) e dagli elettori montiani. Il Movimento Cinque Stelle passa in poco più di un anno da 8 milioni e 690 mila voti a 5 milioni e 790 mila, con una perdita di più di 2 milioni e 500 mila voti, segno evidente che il vento del cambiamento, agitato da Grillo nel 2013, ha smesso di soffiare di fronte ad un anno di inconcludente e asfittica azione parlamentare, fondata sull’opposizione “senza se e senza ma”, ricca di slogan ma povera forse di contenuti..

Andando a scomporre la provenienza del consenso ottenuto dal Pd in base al voto espresso alle politiche si evidenzia che, su 100 votanti dello scorso 25 maggio, i due terzi avevano già votato PD nel 2013, 9 avevano scelto M5S, 5 il PDL, 13 Scelta Civica, 7 si erano astenuti o avevano scelto altri partiti. Alla metamorfosi del consenso PD ha contribuito, in modo significativo, anche il voto di imprenditori, liberi professionisti e lavoratori autonomi che, nel 2008, avevano scelto in prevalenza il PDL e, nel 2013, il M5S. Colpisce, infine, un ultimo dato, in netta controtendenza rispetto al 2013: il Partito Democratico risulta, con il 36%, il primo partito nelle preferenze dei giovani tra i 18 ed i 24 anni, seguito dal M5S con il 25%.

L’analisi del voto risulta fondamentale per comprendere fino in fondo i risultati conseguiti e per stabilizzarne gli esiti. Il PD e la sua classe dirigente sono chiamati a tener fede a quella promessa di riforme e cambiamento posta alla base del successo elettorale ottenuto. Per farlo deve ripartire da quella foto scattata al Nazzareno la sera del 25 maggio dopo la chiusura delle urne. In quella foto c’è tutto il gruppo dirigente del partito, di maggioranza e di minoranza. Un gruppo intero che, durante la campagna elettorale per le europee e le amministrative, ha camminato insieme impegnandosi in prima persona per il sostegno al Pd ed ai suoi candidati, lavorando in Parlamento per fornire risposte costruttive e migliorative ai provvedimenti del Governo (ne è un esempio il lavoro fatto sul cd. decreto Poletti). Da quella foto bisogna ripartire per portare avanti la stagione delle riforme e per riorganizzare e strutturare il Partito, a livello locale e nazionale. Ci sarà davvero bisogno di tutti, nessuno escluso.

P.S. il risultato elettorale europeo, nella sua straordinarietà, rischia di far passare in secondo piano le belle affermazioni ottenute in tanti Comuni della nostra provincia. Penso ad Appignano, Belforte del Chienti, Colmurano, Matelica, Montecassiano, Montelupone, Monte San Giusto, Recanati Porto Recanati,Urbisaglia solo per citarne alcuni. Risultati importanti di cui fare tesoro nel processo di formazione e crescita di una nuova classe dirigente.

Il decreto Poletti è legge

Con il voto in terza lettura del 15 maggio, il decreto Poletti sul lavoro è diventato legge. Il provvedimento punta, attraverso una semplificazione delle regole, ad aumentare le assunzioni a tempo indeterminato e, al contempo, a scoraggiare il ricorso a forme di lavoro precario. Il decreto è solo una parte del Jobs act, il pacchetto di provvedimenti necessari ad affrontare le emergenze del mondo del lavoro, oggetto della legge delega contenente i grandi temi del lavoro, dalla riforma degli ammortizzatori sociali a quella dei servizi per il lavoro e le politiche attive, il riordino delle forme contrattuali ed il sostegno alla maternità e alla conciliazione.

La Camera ha così recepito le correzioni votate al Senato relative alla disciplina dei contratti a termine e dell’apprendistato.

L’articolo 1 detta una nuova disciplina per il contratto a termine, che non prevede più il vincolo della motivazione sia per il primo contratto sia per le sue proroghe, fissate nel numero massimo di cinque. In ciascuna azienda è previsto un limite massimo di rapporti di lavoro a termine pari al 20 per cento dell’organico stabile. A seguito delle modifiche apportate dal Senato, gli enti di ricerca sono esclusi dal limite del 20 per cento e alle aziende che non rispettano il tetto è irrogata una sanzione pecuniaria, i cui introiti andranno a confluire nel Fondo sociale per occupazione e formazione. (il testo originario del decreto-legge non prevedeva alcuna conseguenza per il superamento del tetto, mentre nel testo approvato dalla Camera era prevista la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei rapporti contrattuali instaurati in violazione del limite).

L’articolo 2 detta una nuova disciplina per l’apprendistato. Il testo, come modificato dalla Camera, prevede che il contratto scritto contenga il piano formativo individuale in forma sintetica. Il decreto-legge riduce gli obblighi previsti al fine di nuove assunzioni degli apprendisti, riducendo al 20 per cento la percentuale minima di conversione di rapporti di apprendistato (principio eliminato nel testo del decreto e reintrodotto dalla Camera dei deputati); ed applicandolo ad aziende con più di 50 dipendenti.

Decreto Emergenza abitativa

Si è strumentalmente parlato di questo provvedimento a proposito delle disposizioni in esso contenute relative ad Expo e, in particolare, alle misure pensate per rendere più efficienti la realizzazione delle opere infrastrutturali previste: In realtà, il decreto contiene significative disposizioni relative alle politiche abitative, tornate, dopo molti anni, ad essere obiettivo prioritario nell’agenda del Governo, come testimoniano i fondi stanziati, pari a complessivi 325,92 milioni di euro dal 2014 al 2020, con una dotazione complessiva annuale che torna, finalmente, ai livelli del 2010 dopo che, nel biennio 2012-2013, il Fondo Nazionale per il sostegno era stato completamente azzerato.

Si adottano misure finalizzate, da un lato, a incrementare l’offerta di alloggi in affitto a canone concordato, dall’altro, a potenziare la dotazione e la disponibilità dell’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) anche attraverso incentivi all’acquisto degli alloggi da parte degli inquilini. Da segnalare che lo sforzo compiuto per aumentare l’offerta di alloggi sociali non determina nuovo consumo di suolo ma, coinvolgendo Regioni e Comuni in un grande programma, risulta indirizzato prioritariamente al recupero, alla manutenzione e alla gestione ottimale, in sintesi alla valorizzazione, del patrimonio esistente di edilizia residenziale pubblica.

Nel dettaglio, il provvedimento innova la disciplina di erogazione del Fondo per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione. Semplifica gli strumenti di individuazione dei bisogni e di assegnazione degli alloggi, sostiene le iniziative di Comuni, cui concorrono, da ora, anche le Regioni, per favorire la mobilità nel settore della locazione attraverso il reperimento di abitazioni da concedere in locazione a canone concordato.

Un’altra misura di notevole impatto riguarda la razionalizzazione e la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica nonché, dopo l’esame del Senato, anche del patrimonio relativo agli immobili di proprietà dei Comuni e degli enti pubblici non territoriali. Il decreto interviene per semplificare le procedure di alienazione di questo patrimonio prevedendo, a tale scopo, la conclusione di accordi tra Governo, Regioni ed Enti Locali. Le risorse così ottenute saranno destinate ad un programma straordinario di realizzazione di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente nonché di acquisto di nuovi alloggi.

Le modifiche introdotte dal Senato hanno circoscritto ai soli inquilini la possibilità di poter riscattare i beni del patrimonio residenziale pubblico posti in vendita. A tale scopo viene istituito un apposito Fondo, con una dotazione di 18,9 mln di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020, destinato alla concessione di contributi in conto interessi su finanziamenti per l’acquisto degli alloggi IACP.

Il divorzio breve

A quarant’anni esatti dall’anniversario del referendum sul divorzio, la Camera ha approvato, in prima lettura, il provvedimento sul cosiddetto “divorzio breve”. Si tratta di un’innovazione legislativa, frutto di una mediazione tra le forze politiche, con il contributo di magistrati, esperti e associazioni, finalizzata a rendere più snelle le procedure legali e a ridurre i contenziosi. Questa legge ha un importante significato culturale, accogliendo l’esigenza di una maggiore coerenza tra la giurisprudenza e la società, prendendo atto dei profondi mutamenti subiti dalla famiglia in questi ultimi decenni.:

Il testo approvato rende sostanzialmente più veloci le procedure legali e riduce i contenziosi. La disciplina vigente prevede infatti un iter lungo e costoso che comincia in Tribunale con l’ottenimento della separazione e, poi, dopo tre anni, una volta definitiva la sentenza, si passa ad un’ulteriore lunga attesa prima che la sentenza di divorzio passi in giudicato. Con le nuove disposizioni,: nel caso in cui non vi sia accordo tra i coniugi (separazione giudiziale) viene ridotto dai 3 anni attuali a 1 anno la durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio. Tale termine decorre dalla notificazione della domanda di separazione. Se la separazione è consensuale, il termine si riduce ulteriormente a 6 mesi.

In Parlamento

Ho presentato una specifica interrogazione, diretta al Ministro dell’Istruzione, per sollecitare l’adozione di specifiche misure dirette a chiarire e disciplinare la situazione degli studenti soprannumerari, iscrittisi a facoltà a numero chiuso nell’Anno accademico 2013/2014 a seguito dell’applicazione delle disposizioni del decreto scuola relative al cd. Bonus maturità (vedi testo).

Gran parte del lavoro mio e dei colleghi marchigiani del PD, nel mese appena trascorso, si è concentrato su due temi particolarmente importanti ed urgenti per la nostra regione: gli ammortizzatori sociali e la tutela del nostro territorio.

Ho infatti presentato, insieme ai colleghi del PD, a seguito degli incontri intercorsi con le organizzazioni sindacali, un’interrogazione , diretta al Ministro del Lavoro, per sollecitare un veloce reperimento di fondi per il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga (vedi testo).

I tragici eventi alluvionali di Senigallia del 2 e 3 maggio hanno inoltre sollecitato un intervento parlamentare con la presentazione di una specifica mozione (vedi testo) diretta a sollecitare il Governo alla dichiarazione dello stato di emergenza per i territori colpiti dall’alluvione e all’adozione di misure specifiche di sostegno ai cittadini e alle imprese coinvolte. Il nostro impegno è inoltre proseguito con l’invio di una nota al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, firmata dai deputati e dai senatori marchigiani per sollecitare il Governo a dichiarare in tempi brevi lo stato di emergenza per i territori colpiti ( vedi testo) .

Mi piace ricordare, a questo proposito, che il Partito Democratico delle Marche ha attivato una raccolta fondi, con l’apertura di un conto corrente bancario a sostegno delle comunità interessate dall’eccezionale ondata di maltempo (Partito Democratico delle Marche per le zone alluvionate , Banca popolare Etica Scpa , IT 19 Z 05018 02600 000000174155, Causale: Emergenza alluvione Marche)

In Commissione

Sono stata relatrice, per il secondo anno consecutivo, di un provvedimento particolarmente importante proveniente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, concernente il riparto di specifici contributi statali a favori di associazioni, fondazioni, istituti culturali. Dopo il Fondo Unico per lo Spettacolo, lo stanziamento più importante del Ministero, per quantità e rilievo dei soggetti destinatari, pari a oltre 10 milioni di Euro.

Il lavoro svolto in Commissione, in stretto raccordo con gli uffici ministeriali, si è rivelato particolarmente importante perché diretto a riformare, d’intesa con le forze politiche di maggioranza e di opposizione, un settore dominato in questi anni da criteri legati semplicemente alla storicità e che richiederà nei prossimi mesi, come evidenziato dal parere redatto come relatrice, un profondo intervento riformatore, da compiersi in stretta sinergia con il Ministero, diretto a far si che la ripartizione dei fondi adotti criteri nuovi, diretti ad assicurare organicità ed efficacia nella erogazione dei contributi, trasparenza e chiarezza nelle scelte.

La Commissione Cultura inizierà nei prossimi giorni l’esame del decreto legge 31 maggio 2014, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo. Sarà un lavoro impegnativo ed appassionante, di cui vi racconterò nel prossimo numero della newsletter. Per il momento, voglio evidenziare solo un dato: il provvedimento stanzia quasi 400 milioni di Euro per i prossimi sei anni. Investimenti, diretti al settore della cultura e del turismo, che vanno finalmente verso quello che deve essere uno dei settori chiave per lo sviluppo del Paese. Troverete qui il testo del provvedimento, mi piacerebbe ricevere le vostre osservazioni ed indicazioni così da rendere ancor più efficace il lavoro parlamentare della nostra Commissione. (vedi testo).

Il cittadino perfetto e il cittadino sospetto

Voglio condividere con voi un articolo di Michele Ainis pubblicato sul Corriere della Sera del 17 maggio scorso. Forse il risultato elettorale delle elezioni europee cambia in parte la situazione, ma trovo comunque molto interessante e condivisibile l’analisi compiuta perché riguarda la società italiana e le trasformazioni che la stanno attraversando. e per questo ho deciso di recuperarla.

“Ogni stagione della storia genera uno spiritello che le soffia nell’orecchio. Si chiama Zeitgeist, lo spirito dei tempi. Ma nel nostro tempo è una creatura secca e allampanata come uno spaventapasseri, come la dottrina che propaga a destra e a manca: il pauperismo. Significa che la povertà non è più una sciagura, bensì un modello, un esempio, un ideale. Se negli anni Ottanta Deng Xiaoping cambiò la Cina con il messaggio opposto (Arricchitevi!),se negli anni Novanta in Italia Berlusconi celebrò le sue fortune promettendo a tutti la fortuna, ora uno stigma sociale perseguita chiunque abbia un ruolo pubblico o privato, e dunque un portafoglio senza buchi. Da qui la nuova frattura che divide gli italiani: da un lato, il cittadino sospetto; dall’altro, il cittadino perfetto (povero, e ancora meglio se nullatenente). Le prove? Basta accendere in un’ora qualunque la tv, dove ogni dibattito si trasforma in un alterco, ogni alterco erutta una domanda: «E tu, quanto guadagni? Troppo, allora zitto, non hai diritto di parola». O altrimenti basta tendere l’orecchio nelle strade. L’unica eccezione investe la gente di spettacolo: cantanti, calciatori, anchor men, soubrette, piloti, attori. Sicché lo stesso benpensante che non perdona al segretario comunale i suoi 3 mila euro in busta paga, è pronto a maledire il presidente della squadra per cui tifa, se lascia scappare il centravanti anziché accordargli un ingaggio di almeno 3 milioni.

In questo clima c’entrano assai poco i teorici della decrescita felice: Georgescu-Roegen, Latouche, Pallante. Intanto, le loro idee girano presso un pubblico ristretto. E soprattutto il desiderio dominante – qui e oggi – non è la (mia) felicità, bensì la (tua) infelicità. Non un sentimento ma un risentimento, un rancore collettivo. Come se anni di crisi economica e morale ci avessero lasciato in dote una cifra di disperazione, l’incapacità di volgere lo sguardo sul futuro, d’immaginarlo più propizio. E allora l’unico risarcimento consiste nel tirare dentro gli altri, tutti gli altri, nella miseria che inghiotte il nostro orizzonte esistenziale. Infine questo malumore si trasforma in energia politica, in un vento che soffia sulle urne. Destinatario e interprete ufficiale: il Movimento 5 Stelle. Dove uno vale uno, ed è un’idea potente, il paradiso dell’eguaglianza nella terra più diseguale di tutto l’Occidente, dopo il Regno Unito e gli Usa. Ma quell’eguaglianza declina verso il basso, verso l’appiattimento dei destini individuali, e allora il paradiso diviene la porta dell’inferno. Un inferno sempre più affollato, perché ormai ciascun partito ambisce al ruolo di Caronte. Chi in nome dell’antica avversione dei cattolici nei riguardi del denaro («lo sterco del diavolo»), chi attraverso un’eco lontana del marxismo. Anche il presidente del Consiglio, sì: pure lui. Non per nulla ha esordito facendo dimagrire gli stipendi pubblici più alti, senza tuttavia sfilare ai grillini un solo voto. Nessuno può riuscirci: se il modello è questo, meglio l’originale della copia.

Dunque fermiamoci, finché siamo ancora in tempo. Certo, alcuni dirigenti si erano trasformati in dirigibili, gonfi d’oro anziché d’aria. Ma in primo luogo ogni correzione dovrebbe rispettare il principio di proporzionalità, elaborato sin dalla giurisprudenza prussiana di fine Ottocento: oggi Scilipoti guadagna più di un giudice costituzionale, e questo non va bene. In secondo luogo, se abbassi troppo le retribuzioni alzi le corruzioni; accadde già durante Tangentopoli, ammesso che sia mai finita. In terzo luogo, uno Stato debole, dove trovano alloggio soltanto le professionalità senza mercato, non saprà più opporre una trincea contro i poteri forti. Da un malinteso ideale di giustizia deriva quindi la massima ingiustizia, ecco la lezione. E dall’ideologia del pauperismo sgorga un veleno che può uccidere le stesse istituzioni democratiche. Perché non c’è democrazia senza ceto medio, come ci ha spiegato in lungo e in largo Amartya Sen. C’è soltanto l’America Latina, con i poveri nelle favelas, i ricchi blindati nei propri quartieri, e un Caudillo che regna incontrastato. O sbagliava Sen, o stiamo sbagliando tutto noi italiani.”

 

Per proseguire con queste riflessioni ed analizzare insieme gli esiti delle elezioni del 25 maggio ci troveremo, insieme a Roberto Speranza, capogruppo del Partito Democratico alla Camera dei Deputati, il prossimo 23 giugno alle ore 18:30 all’Asilo Ricci di Macerata.

Vi aspetto.