Cosa succede in città. Utilizzo come parafrasi una vecchia canzone di Vasco Rossi per iniziare questo editoriale per lanciare uno sguardo complessivo sulla città e sulle vicende nazionali. Sappiamo bene cosa succede in città- a Macerata. Ci apprestiamo ad avviare lo sprint finale della campagna elettorale per la riconferma del centro sinistra e di Romano Carancini alla guida della città e per la riaffermazione di un modello di città aperta, dinamica e solidale. Analogo discorso vale per la Regione, dove le liste, guidate da Luca Ceriscioli, dovranno far proprio l’importante compito di guidare le Marche verso nuove sfide di sviluppo. Vengo infine al quadro nazionale. Accesi sono i toni ed i resoconti riportati dai giornali riguardo al tema – non semplice- della legge elettorale e delle riforme istituzionali. Vivendo in prima persona questi momenti, voglio evidenziare una cosa. Abbasserei i toni apocalittici per guardare alla sostanza delle questioni poste e delle mediazioni che in queste si stanno provando a portare avanti.
la legge elettorale approvata al Senato e che arriva ora alla Camera contiene molte delle misure correttive contenute negli emendamenti presentati ( e da me spesso sottoscritti) nel gennaio 2014, in sede di prima approvazione dell’Italicum, da numerosi deputati. Emendamenti concretamente migliorativi come l’innalzamento dal 37% al 40% della soglia di accesso al ballottaggio, l’abbassamento dall’8% al 3% della soglia di sbarramento, l’introduzione delle preferenze al posto del listino integralmente bloccato previsto nella prima versione della legge approvata alla Camera, l’introduzione della preferenza di genere ( originariamente respinta alla Camera). Resta un nodo: quello dei capilista bloccati e si questo aspetto si è concretamente cercato di operare per sollecitare un cambiamento del provvedimento. Io stessa ho sottoscritto la nota promossa da Area Riformista per sollecitare modifiche. L’ho sottoscritta con una consapevolezza ulteriore : che i temi della legge elettorale e della riforma costituzionale sono strettamente legati, soprattutto per il tema della piena rappresentanza degli eletti.
E proprio per questo, penso sia opportuno riequilibrare su questo tema il contenuto del provvedimento – la riforma costituzionale- che deve ancora essere esaminato dal Senato. Ecco perché ritengo importante che non ci si chiuda al confronto su questo tema e si rintraccino soluzioni di mediazione.
Venendo alla cronaca di queste ore penso sia stata sbagliata la forzatura posta dal governo sulla legge elettorale con l’opposizione della questione di fiducia. Sbagliata perché rischia di polarizzare le parti in gioco, perdendo di vista la sostanza dei provvedimenti che si stanno votando.
Sbagliata si, ma politica. E proprio per questo non è possibile sottovalutare il fatto che il non votare o il votare contro un simile atto ha delle concrete conseguenze politiche. Conseguenze che rischia di pagare non una parte piuttosto che l’altra all’interno del Partito Democratico ma il Paese stesso, con l’apertura di una crisi di governo al buio e di una fase di instabilità complessiva. Non c’entra l’essere pro o contro Renzi perché questa non è una scelta che si fa a cuor leggero. Non perché dubiti sulla fiducia in questo Governo ma perché questa è stata posta su una materia così strettamente legata al Parlamento. So anche che il rischio di modifiche nei voti segreti era concreto ed il successivo passaggio al Senato un azzardo che rischiava di replicare gli insuccessi del passato. E penso anche che il centro sinistra negli ultimi venti anni ha perso per ben due volte l’occasione e l’opportunità di governare a causa del suo massimalismo interno ( e penso a Bertinotti e Turigliatto che per ben due volte hanno fatto cadere il governo Prodi aprendo la strada a Berlusconi) . Pur con le dovute e necessarie differenze, non vorrei ripetere di nuovo questa esperienza.
Resta un nodo: quello dei capilista bloccati e si questo aspetto si è concretamente cercato di operare per sollecitare un cambiamento del provvedimento. Io stessa ho sottoscritto la nota promossa da Area Riformista per sollecitare modifiche. L’ho sottoscritta con una consapevolezza ulteriore : che i temi della legge elettorale e della riforma costituzionale sono strettamente legati, soprattutto per il tema della piena rappresentanza degli eletti. E dove, si questo tema, non si riesca ad intervenire su un testo già approvato da Camera e Senato per effetto di una valutazione complessiva compiuta da Governo e Gruppo parlamentare ( e fatta propria dallo stesso dopo 4 ore di sincera, appassionata e complessa discussione) sia opportuno riequilibrare su questo tema il contenuto del provvedimento – la riforma costituzionale- che deve ancora essere esaminato dal Senato. Ecco perché ritengo importante che non ci si chiuda al confronto su questo tema e si rintraccino soluzioni di mediazione. Penso che sia quella la strada da intraprendere, continuando a dibattere e non smettendo mai di confrontarsi all’interno del gruppo parlamentare nell’ottica di un reciproco e doveroso rispetto. Ma, per favore, e lo dico anche rispetto all’opinione di alcuni autorevoli commentatori che rispetto ma non condivido, non parliamo di pericoli o minacce alla democrazia.
REATO DI TORTURA
“Nessuna tortura resterà impunita”. Con questo slogan la Camera dei Deputati ha approvato, lo scorso 9 aprile, il provvedimento che introduce nel nostro ordinamento il reato di tortura. Per una singolare coincidenza temporale il provvedimento è arrivato in Aula proprio il giorno stesso della severa sentenza pronunciata dalla Corte europea dei diritti umani nei confronti dell’Italia per gli eventi del G8 di Genova ed, in particolare, della Scuola Diaz. Mi ricordo ancora le immagini della notte tra il 20 ed il 21 luglio 2001, la violenza inspiegabile ed indegna di uno Stato democratico, un pestaggio da “macelleria messicana”, per citare le parole del vice questore Michelangelo Fournier. Una violenza ed una responsabilità che pesano come macigni sui vertici delle Forze dell’Ordine allora in servizio e sulle autorità di Governo (erano i primi mesi del Governo Berlusconi, ricordate) che si resero conniventi rispetto a quegli eventi (se avete l’opportunità andate a rivedere il film “Diaz” di Daniele Vicari).
Con grande ritardo, finalmente inseriamo nel nostro ordinamento il reato di tortura (per esemplificare proprio nel caso Diaz la mancanza di tale figura di reato ha permesso la prescrizione di alcuni dei capi di imputazione a carico degli agenti imputati). Il testo approvato alla Camera introduce nel codice penale una specifica fattispecie di reato, punendo con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenza o minaccia o violando i propri obblighi di protezione cura o assistenza, intenzionalmente cagiona a una persona a lui affidata o sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere dichiarazioni o informazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza o ancora in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. Se a torturare è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri, la pena è aggravata da 5 a 15 anni.
Si prevede, inoltre, l’inutilizzabilità nel processo di qualsiasi dichiarazione o informazione estorta sotto tortura, utilizzabili, però, come prova contro gli imputati di tortura.
In questo modo, e con colpevole ritardo del Legislatore, il nostro Paese si uniforma alle indicazioni della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984. Il testo passa ora al Senato per la sua approvazione definitiva e, ci auguriamo, rapida.
RIFORMA TERZO SETTORE
La Camera dei deputati ha approvato in prima lettura il disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale. «Uno dei più importanti provvedimenti di questa legislatura», nelle parole della relatrice Donata Lenzi (Pd). Il provvedimento riforma organicamente la disciplina riguardante il volontariato, la cooperazione sociale, l’associazionismo non-profit, le fondazioni, le imprese sociali.
Il Terzo settore rappresenta una delle realtà economiche, sociali e giuridiche più rilevanti e dinamiche del nostro paese. Nel corso degli anni, il mondo del non-profit e il network degli enti e delle associazioni che rientrano in questa categoria, si sono arricchiti e sviluppati su tutto il territorio nazionale. L’Istat rileva che, nel decennio 2001-2011, il settore ha registrato una crescita superiore a qualunque altro settore produttivo italiano, con un incremento del 28 per cento degli organismi e del 39,4 per cento degli addetti. Sono quasi 5 milioni i volontari che prestano servizio gratuito, 680 mila i dipendenti, 270 mila i collaboratori esterni e 6 mila i lavoratori temporanei. Una galassia che coinvolge il 6,4 per cento delle complessive unità economiche attive e che ricomprende al suo interno realtà giuridiche ed organizzative abbastanza variegate (organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), organizzazioni non governative (ONG), organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, imprese sociali).
La fotografia del settore restituisce un panorama eterogeneo sia nelle forme delle realtà operanti, sia nella disciplina che ne regola le attività. La forma prevalente è quella dell’associazione non riconosciuta, cioè priva della personalità giuridica, che copre il 66,7 per cento dei casi. A tale eterogeneità nelle forme associative ha corrisposto finora una disciplina di riferimento frammentaria e disorganica. L’insieme delle fonti di diritto coinvolge da una parte le norme di carattere generale sulle entità con finalità altruistiche contenute nel Codice civile, e dall’altra una pletora di specifici interventi legislativi settoriali, anche di natura tributaria e fiscale, che è andata aumentando in volume e complessità nel corso degli anni. Grava l’assenza di una definizione normativa “positiva”, che vada oltre la caratterizzazione in negativo dell’assenza di fini di lucro (non-profit). Non deve dunque stupire se per lungo tempo non si sia registrata una piena concordanza di significati in ordine agli elementi caratterizzanti il Terzo settore. Solo puntuali interventi normativi e giurisprudenziali hanno tentato di meglio definire il perimetro delle realtà interessate. Negli anni, si sono andate profilando di fatto tre condizioni essenziali: la natura privata dei soggetti, l’assenza dello scopo di lucro e lo svolgimento di attività socialmente rilevanti. Tuttavia, nell’ordinamento italiano, è mancata finora una disciplina organica che individuasse e valorizzasse a pieno le modalità di azione di una sfera che risponde a logiche diverse rispetto all’impresa di mercato.
«Non dunque una semplice riserva, ma un nuovo spazio, sociale e giuridico, in cui la società civile emerge come soggetto collettivo. Uno spazio in cui la persona non ricopre più soltanto il tradizionale ruolo di destinataria di beni e servizi, ma diventa attrice essa stessa nel campo economico e sociale» (Fondazione Astrid). Questo lo spirito di partecipazione e sussidiarietà che anima la legge delega sulla riforma del Terzo settore. Obiettivo del provvedimento è riorganizzare, uniformare e coordinare il comparto, anche attraverso l’armonizzazione degli incentivi e degli strumenti di sostegno, al fine di edificare un rinnovato sistema che favorisca la partecipazione attiva e responsabile delle persone, singolarmente o in forma associata, per valorizzare il potenziale di crescita e occupazione insito nell’economia sociale.
Il 13 marzo 2014 l’Esecutivo ha licenziato il primo testo, aprendo su di esso una consultazione online terminata il 13 giugno. Il confronto ha coinvolto mille soggetti, in maggioranza esponenti e rappresentanti di organizzazioni, e si è chiuso con proposte e suggerimenti recepite in una successiva bozza. Ne è seguito il varo del disegno di legge governativo incardinato in Commissione alla Camera il 1 ottobre 2014. La discussione in tale sede è stata vivace e costruttiva ed ha condotto all’introduzione di significative modifiche al testo iniziale.
Il testo approvato dall’Aula – che assegna al Governo la delega volta al riordino, definizione e organizzazione del Terzo settore- interviene su quattro direttrici:
1) Riforma del Codice civile nelle parti in cui regola l’attività delle associazioni e delle fondazioni, secondo specifiche linee guida indicate, quali la semplificazione del procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, l’aggiornamento della disciplina sul regime della responsabilità limitata degli amministratori, il consolidamento delle garanzie dei soci e una nuova regolamentazione per fondazioni o associazioni che svolgano rilevanti attività imprenditoriali. Scopo di tali linee guida, è far emergere realtà medio-grandi, incoraggiandole ad assumere personalità giuridica.
2) Costruzione e definizione di un codice del Terzo settore, destinato a raccogliere la disciplina in materia dopo l’entrata in vigore di tutti i decreti delegati. È evidenziata la necessità di istituire un registro unico del settore destinato a superare la molteplicità dei registri locali e nazionali. Il nuovo registro unico, la cui responsabilità di gestione dovrà essere posta in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si porrà come porta di accesso ai benefici fiscali.
3) Aggiornamento dell’impresa sociale, al fine di rilanciarne l’attività. In coerenza con quanto indicato dalla Commissione europea al Parlamento europeo nel 2011, si richiede di definire tale soggetto come impresa privata con finalità di interesse generale, avente come obiettivo primario la realizzazione di impatti sociali positivi mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale e che destina i propri utili prevalentemente al raggiungimento di mission sociali. Si fa esplicito riferimento alla necessità di determinare gestioni “responsabili e trasparenti” e al bisogno di definire una disciplina che allenti alcuni vincoli nel riparto degli utili, permettendo anche la presenza nei consigli di amministrazione di rappresentanti di enti pubblici e di aziende profit e non-profit, a patto che non ricoprano ruoli di direzione. Prevista infine l’acquisizione di diritto dello status di impresa sociale per le cooperative sociali e per i loro consorzi.
4) Istituzione di un riformato servizio civile universale finalizzato alla difesa dei valori fondativi della patria, attraverso la realizzazione di esperienze di cittadinanza attiva, di solidarietà e inclusione sociale. La delega indica inoltre il bisogno di definire uno stato giuridico specifico per chi presta un tipo di servizio che non deve in alcun modo essere associabile ad un rapporto di lavoro e dunque non deve essere soggetto a tassazione.
Il Terzo settore viene qui definito “in positivo”, non è più mera attività non-profit, ma «complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità». Vengono esplicitamente esclusi dal novero i partiti politici, i sindacati, gli organismi di rappresentanza professionali e quelli categoriali.
La nuova legge delega inoltre l’Esecutivo a riformare la disciplina del 5 per mille, indicazione pure contenuta nella delega fiscale, legge n. 23 del 2014. Già nella Legge di stabilità 2015 si è proceduto ad innalzare il limite per la deducibilità e la detraibilità delle erogazioni liberali e a stanziare 500 milioni di euro a sostegno di questo strumento. Nella delega in oggetto si chiede stabilità a questo importo e si indicano criteri più selettivi e un sistema più trasparente sull’uso dei fondi.
IN PARLAMENTO
Vi avevo raccontato, nello scorso numero della newsletter, dell’impegno posto in essere, insieme ad altri colleghi parlamentari, per la costituzione di un gruppo di caschi blu per la salvaguardia del patrimonio culturale, chiamati ad intervenire nei luoghi di guerra. All’interrogazione presentata nel mese di marzo ha fatto seguito un atto di impegno da parte del Governo attraverso l’approvazione di uno specifico ordine del giorno in Aula diretto a promuovere, negli opportuni consessi internazionali, ogni sinergia volta a determinare la costituzione e l’impiego di appositi contingenti multinazionali di personale, operanti sotto l’egida delle Organizzazioni Internazionali per la Sicurezza, e posti sotto la responsabilità dell’Arma dei Carabinieri, da impiegare nei teatri operativi in attività di tutela del patrimonio artistico e culturale, nonché nel contrasto del traffico di opere d’arte finalizzato al finanziamento delle azioni di matrice terroristica internazionale. Un primo impegno concreto che rafforza l’azione avviata in tal senso dal Ministro Franceschini che ha raccolto già l’adesione del ministro della Cultura Tedesco e della direttrice generale dell’Unesco ( vedi testo).
In queste settimane ho sollecitato, attraverso la presentazione di una interpellanza urgente, presentata insieme ai colleghi delle altre regioni interessate ( vedi testo) l’attivazione di un tavolo di crisi, che coinvolga istituzioni e forze sindacali, presso il Ministero per lo sviluppo economico in merito al processo di acquisizione del gruppo cementifero Sacci da parte del gruppo Buzzi UNCEM. Tale processo di acquisizione riguarderà direttamente lo stabilimento Sacci di Castelraimondo, attualmente interessato ( insieme agli altri stabilimenti del gruppo) dall’avvio del collocamento in mobilità del personale. Riteniamo importante la tutela e la salvaguardia dell’occupazione in tutti i territori coinvolti, a cominciare proprio dall’entroterra maceratese, e proprio per questo consideriamo prioritario l’intervento del Ministero competente per accertare l’entità del piano industriale promosso dal gruppo Buzzi per l’acquisizione degli stabilimenti Sacci. Nei giorni scorsi il Governo ha risposto in Aula a tale sollecitazione (vedi video http://webtv.camera.it/archivio?legislatura=17&seduta=411&intervento=399432) .
IN COMMISSIONE
La Commissione Cultura ha avviato in questi giorni l’esame del disegno di legge Buona Scuola, relativo alla riforma del sistema di istruzione. Si tratta di un provvedimento importante e complesso, su cui tornerò più nel dettaglio nel prossimo numero della newsletter. E’ in corso l’audizione di più di 80 associazioni rappresentative del mondo della scuola al termine del quale inizierà il lavoro emendativo e migliorativo del testo, anche alla luce dei contributi offerti in audizione.
Ecco in sintesi alcune linee guida.
– a) piano straordinario di assunzioni di 107.000 insegnanti e lo svuotamento delle Graduatorie ad esaurimento;
– b) concorso nel 2016 x 60.000 posti (20.000 in più rispetto a quanto previsto nel documento di proposta di settembre) che verrà bandito regolarmente ogni 3 anni;
– c) nelle scuole il prossimo anno lavoreranno 50.000 insegnanti in più rispetto all’attuale organico di fatto (Circa 5 insegnanti in più x istituto) e soprattutto le scuole finalmente avranno un organico funzionale stabile;
– d) restano gli scatti di anzianità e vengono investiti 200 milioni in più per premiare il merito con un meccanismo analogo alla retribuzione delle attività aggiuntive;
– e) la programmazione del POF e del conseguente fabbisogno di personale scolastico è triennale;
– f) vengono investiti 40 milioni i di euro per la formazione in servizio degli insegnanti + ogni insegnante riceverà una card che contiene 500 euro all’anno per consumi culturali (libri, mostre, teatri, cinema, tecnologie);
– g) 90 milioni di investimento x dotare le scuole di banda larga e wi-fi, laboratori territoriali,
Non ci sono tagli, ma investimenti di 4 miliardi all’anno per la scuola.
Nelle scorse settimane ho sollecitato l’intervento del Governo in merito al grave episodio verificatosi nell’Istituto comprensivo Lucatelli di Tolentino a danno di un’alunna finita al pronto soccorso dopo che un’insegnante le avrebbe scagliato contro un banco. Nell’atto presentato all’attenzione della Ministra Giannini ho richiesto l’acquisizione delle opportune informazioni per chiarire lo svolgimento dei fatti e l’accertamento delle responsabilità (vedi testo e comunicato STAMPA su Cronache Maceratesi) .
SETTANT’ANNI LIBERA
Il prossimo 25 aprile il nostro Paese celebrerà il settantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Un momento importante per il quale il gruppo parlamentare del Partito Democratico sta avviando un calendario ricco ed importante di iniziative, che ho l’onore e l’opportunità di coordinare, articolato lungo tre filoni principali: il ruolo delle donne nella lotta di Liberazione, Costituzione e Liberazione, Liberazione e rinascita delle arti, I nuovi Fascismi. Un programma che coinvolgerà il Paese durante tutto il 2015 per fare di questo anniversario un’occasione di riflessione e approfondimento per il presente ed il passato.
Quest’anno celebrerò questa ricorrenza in Abruzzo insieme alla Brigata Maiella, ecco il testo del mio intervento ( vedi testo)
Ma nel mese di aprile ricade un altro settantesimo anniversario. Quello della strage dei bambini di Bullenhuser Damm. Un avvenimento di cui, insieme ad altri colleghi, sono venuta a conoscenza in occasione del viaggio ad Auschwitz compiuto nel novembre 2014, attraverso il racconto di una delle testimoni indirette di quella vicenda, Tatiana Bucci, sopravvissuta ai campi di sterminio. Una storia che ha avuto per tragici protagonisti 20 bambini ebrei (tra cui il piccolo Sergio de Simone, cugino di Tatiana), detenuti nel campo di sterminio di Auschwitz, trasferiti sul finire della guerra nel campo di Neuengamme per essere utilizzati come cavie nei disumani esperimenti scientifici del dott. Kurt Heissmeyer. Prossima la caduta della Germania, il 20 aprile del 1945 i bambini furono trasferiti nella scuola di Bullenhuser Damm, nel centro di Amburgo, dove furono uccisi ed impiccati con dei ganci appesi al muro. Un avvenimento tragico, testimonianza della violenza contro l’infanzia, che, facendo seguito proprio alla promessa fatta a Tatiana Bucci in occasione del viaggio compiuto insieme ad Auschwitz, per iniziativa della Commissione Cultura, come Camera dei Deputati, abbiamo commemorato proprio il 20 aprile alla presenza delle istituzioni (vedi pieghevole). Perché nessuna violenza sia mai dimenticata.
E PER FINIRE. Una occasione per non prendersi troppo sul serio : http://www.la7.it/coffee-break/video/oggi-conosciamo-la-deputata-pd-irene-manzi-11-03-2015-149469