EDITORIALE
Ho dedicato molto spazio nei numeri precedenti di questa newsletter al Disegno di legge La Buona Scuola approvato in via definitiva questa settimana alla Camera. Non tornerò, quindi, su questo tema, se non per condividere una ulteriore considerazione che parte dall’analisi e dal riconoscimento di alcuni errori compiuti, pur nella positività della riforma. Errori di comunicazione e di strategia. La mancanza di alcune previsioni. Troppe accelerazioni e frenate. Il mancato sblocco dei contratti. Le eccessive aspettative generate su un provvedimento, definito “riforma epocale”, e che, invece rappresenta la normalizzazione del mondo della scuola, assolutamente necessaria, anzi indispensabile, vista la confusione prodotta dalla stratificazione normativa. Il concetto di autonomia che attraversa il ddl, del resto, non è altro che quello pensato da Luigi Berlinguer rimasto purtroppo solo sulla carta. L’organico funzionale, la centralità del POF, sono, allo stesso modo, strumenti per attuare finalmente una delle più grandi intuizioni del Centro Sinistra italiano.
Così, la chiusura progressiva delle graduatorie ad esaurimento e la normalizzazione dell’accesso al ruolo di chi è già abilitato e della formazione iniziale di chi non lo è ancora, sono un altro aspetto di questo percorso. Potevamo spingerci oltre, riformando i cicli. Perché la nostra scuola ha bisogno anche di questo. Forse non abbiamo avuto coraggio a sufficienza. È vero che chi oggi tenta di bloccare questo disegno di legge, avrebbe probabilmente fatto di tutto per impedirlo. Ma ha ragione l’ex Ministro Berlinguer quando dice che “occorre coraggio, i voti si perdono se si è timidi”. Infine, è del tutto evidente che si è incrinato il canale di comunicazione con una parte del “nostro popolo”. Il PD è apparso arrogante, autoreferenziale. Non ha saputo mostrare a sufficienza il volto di chi stava ascoltando (e, credetemi, non è venuto mai meno l’ascolto) e ha utilizzato troppo spesso slogan frettolosi, nel rivolgersi a coloro che esprimevano un legittimo dissenso. Non abbiamo saputo spiegare il lavoro positivo che si è fatto in questi mesi. La scuola pubblica non è morta. Anzi, sono convinta che funzionerà molto meglio di prima quando le norme del ddl andranno a regime. Nel frattempo però, a noi tocca imparare dagli errori. Un po’ come a scuola, del resto.
Condivido, quindi, con voi, le riflessioni dell’ex Ministro Luigi Berlinguer, pubblicate pochi giorni fa sul quotidiano “L’Unità” ( tornato finalmente nelle edicole..), dedicate al tema della scuola e al disegno di legge La Buona Scuola
DECRETO PENSIONI:
Il provvedimento attua, nei limiti del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, al pronunciamento della Corte Costituzionale n. 70 del 2015, che ha dichiarato illegittimo il blocco della rivalutazione automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 disposto dal decreto-legge n. 201 del 2011 del Governo Monti (Salva Italia). Per i due anni in questione si riconosce una rivalutazione assegnata in modo decrescente fino a sei volte il minimo, con decorrenza 1° settembre 2015. Gli arretrati saranno pagati in un’unica soluzione il 1° agosto, per un ammontare medio di oltre 500 euro a pensionato. L’intervento interessa 3,7 milioni di persone e mette in campo 2 miliardi e 180 milioni di euro per il 2015 e quasi 500 milioni a regime dal 2016. La mancata adozione del decreto in oggetto avrebbe comportato in termini finanziari la riattivazione integrale del preesistente meccanismo di indicizzazione, con oneri quantificati, al netto degli effetti fiscali, in circa 17,6 miliardi di euro per l’anno 2015 e oltre 4 miliardi di euro a regime a decorrere dall’anno 2016. L’indebitamento tendenziale sarebbe così salito dal 2,5 al 3,6 per cento e il rapporto deficit/Pil passato dall’1,4 all’1,7 per cento.
Oltre all’intervento volto a recepire la sentenza della Consulta, il decreto reca una serie di norme tese a rifinanziare strumenti a sostegno dell’occupazione. Si autorizza la spesa di 1 miliardo aggiuntivo sugli ammortizzatori in deroga e si rafforzano con 290 milioni i contratti di solidarietà. Previsto infine l’anticipo del pagamento delle pensioni al primo giorno di ogni mese e un adeguamento normativo finalizzato a far sì che la somma dei contributi non venga svalutata dal calo del Pil registrato negli ultimi anni.
Gli emendamenti approvati in Commissione Lavoro hanno prodotto importanti novità quali: il raddoppio delle risorse finalizzate al finanziamento dei contratti di solidarietà di «Tipo B» da 70 a 140 milioni di euro per l’anno 2015; il rifinanziamento anche dei contratti di solidarietà di «Tipo A» per 150 milioni di euro per l’anno 2015; la sterilizzazione, in sede di prima applicazione, del meccanismo di recupero previsto in presenza di un tasso di rivalutazione negativo del montante contributivo, in relazione all’andamento del prodotto interno lordo; una misura in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto.
In concreto, rispetto alla materia pensionistica, il provvedimento approvato alla Camera, prevede che, ferma restando la rivalutazione del 100 per cento per i trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, la rivalutazione degli assegni è riconosciuta nelle seguenti misure:
• per gli anni 2012-2013, del: 40 per cento per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da tre a quattro volte il trattamento minimo Inps; 20 per cento per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da quattro a cinque volte il trattamento minimo Inps; 10 per cento per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da cinque a sei volte il trattamento minimo Inps;
• per gli anni 2014 e 2015, nella misura del 20 per cento di quanto stabilito per il 2012 e 2013 per le pensioni di importo complessivo da tre a sei volte il trattamento minimo Inps; • a decorrere dal 2016, nella misura del 50 per cento di quanto stabilito per il 2012 e 2013 per le pensioni di importo complessivo da tre a sei volte il trattamento minimo Inps. Rimborsi e ricalcolo non vengono applicati ai trattamenti superiori a 6 volte il minimo Inps.
Il decreto finanzia, inoltre, con più di un miliardo di euro aggiuntivi gli ammortizzatori sociali in deroga. Lo dispone l’articolo 2, che incrementa di 1.020 milioni il Fondo sociale per occupazione e formazione per il 2015.
Qui potete leggere la dichiarazione di voto della collega Maria Luisa Gnecchi (leggi i testo).
Il decreto passa ora al Senato per la conversione definitiva.
DECRETO AGRICOLTURA:
Approvato in via definitiva dal Senato il decreto legge dedicato all’Agricoltura, contenente norme urgenti per il rilancio dei settori agricoli in crisi, il sostegno delle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali. In particolare, sono previsti interventi a favore delle filiere del latte e dell’olio e misure per l’accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa delle piogge alluvionali 2014 e delle infezioni di organismi nocivi ai vegetali, come la Xylella fastidiosa.
Con il decreto si interviene sul settore lattiero, dopo la fine delle quote latte, consentendo la rateizzazione, in tre anni e senza interessi, delle multe per l’ultima campagna. Per l’olio, settore che nella sua parte agricola vale circa un miliardo e mezzo di euro, si da’ avvio al Piano olivicolo nazionale con una dotazione che sale a 32 milioni di euro, che si sommano alle risorse dei PSR delle Regioni interessate.
Viene finanziato, inoltre, uno specifico Fondo di solidarietà nazionale Pesca con 2, 25 milioni di euro per sostenere le imprese del settore colpite da avversità atmosferiche eccezionali dal 2012 ad oggi.
DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA:
La Camera ha approvato, in terza lettura, la proposta di legge che reca modifiche in materia di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante nonché di segreto professionale. Già approvata dalla Camera e modificata dal Senato, passa ora al Senato per la quarta lettura.
Il provvedimento è composto da 6 articoli e riforma in particolare la disciplina della diffamazione a mezzo stampa, intervenendo sulla legge sulla stampa, sui codici penale e di procedura penale, sui codici civile e di procedura civile, estendendo la sua applicazione anche alle testate giornalistiche on line e televisive ed eliminando la pena detentiva per i reati di diffamazione e ingiuria ( il contestato carcere per i giornalisti, introdotto al Senato). La Commissione Giustizia della Camera ha provveduto – pur confermando questi due punti qualificanti – ad apportare dei miglioramenti al testo uscito dal Senato, decisione conseguita a seguito di un ciclo di audizioni dal quale è emersa l’esigenza di apportare alcune modifiche indifferibili al testo.
Circa la cancellazione della pena del carcere per i giornalisti, il relatore Verini durante la discussione in Aula ha sottolineato come questo passo sia un importante segno di civiltà democratica e che, con l’inserimento della clausola di non punibilità nel caso di 2 pubblicazione integrale della rettifica richiesta qualora uno si ritenga diffamato, si tutela sì il diritto dei cittadini a non essere diffamati, ma anche la libertà dei giornali. L’auspicio è dunque che nel bilanciamento tra due diritti – quello della libertà del giornalista e quello del cittadino a non essere diffamato – queste norme nell’insieme potranno contribuire ad una sempre maggiore responsabilizzazione nella verifica delle fonti e nella veridicità delle notizie e dei fatti pubblicati. Tema importante del provvedimento è anche quello delle “querele temerarie”, strumento spesso usato come arma di dissuasione dal continuare inchieste o per intimidire giornali e giornalisti (in molti casi ad esercitare queste intimidazioni sono forze legate alla criminalità organizzata e spesso i destinatari sono i giornalisti e i giornali più deboli e meno strutturati, che operano in territori dove è più difficile garantire la libertà dell’informazione).
Per questo sono stati previsti inasprimenti di sanzione per chi utilizza questo tipo di strumento intimidatorio. Un’altra importante novità apportata dalla Commissione Giustizia è il riconoscimento, nei casi – purtroppo frequenti – di fallimento delle proprietà dei giornali in cui direttori e giornalisti vengono lasciati soli a risarcire il danneggiato per diffamazione, del diritto di rivalsa sulla proprietà fallita
DIRITTO DEL FIGLIO ALLA CONOSCENZA DELLA MADRE BIOLOGICA:
La Camera ha approvato nello scorso mese di giugno una proposta di legge che riguarda fattispecie particolarmente delicate e controverse relative alla possibilità per il figlio non riconosciuto alla nascita di conoscere le proprie origini biologiche e l’identità della propria madre.
Si è lungamente dibattuto, in aula e in Commissione, su questa questione e sulla possibilità di riconoscere o meno la possibilità di derogare al principio di anonimato della madre. Originariamente, la legge sulle adozioni (L n. 184 del 1983) prevedeva che il minore adottato entrasse a far parte giuridicamente di una nuova famiglia con il presupposto però che fosse mantenuto il segreto sulle sue origini. Il legislatore italiano, a seguito della legge 27 maggio 1991, n. 176, di ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20/11/1989, ha cercato di accordare una maggiore tutela all’interesse dell’adottato a conoscere le proprie origini, pur non dimenticando la relazione conflittuale tra tale interesse e quello dei genitori naturali e adottivi. L’articolo 28 della “legge sulle adozioni” riconosce quindi, da un lato, il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini e l’identità dei propri genitori biologici, dall’altro, prevede un limite insuperabile all’informativa, radicalmente esclusa nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata. Si tratta della cosiddetta possibilità di assicurare il “parto in anonimato” o “parto anonimo”, pensata con il fine di tutelare il più possibile la salute della madre e la vita del nascituro, consentendo alla donna di partorire nella piena riservatezza, ma anche con la migliore assistenza all’interno delle strutture ospedaliere. Solo in tale caso, quindi, il segreto sulla avvenuta maternità è protetto dalla regola dell’inaccessibilità, per cento anni, alla documentazione relativa al parto.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 278 del 2013 si è occupata del problema del bilanciamento tra i due valori in conflitto: il diritto all’anonimato della madre e il diritto a conoscere le proprie origini del figlio. Nella pronuncia, la Corte ha sancito che tra i due valori debba prevalere la tutela dell’anonimato della madre volto, da un lato, ad assicurare che il parto avvenga nelle condizioni ottimali tanto per la madre che per il figlio e, dall’altro, a «distogliere la donna da decisioni irreparabili, per quest’ultimo ben più gravi». La salvaguardia della vita del neonato e della salute della madre sono quindi ritenute preminenti rispetto al bisogno del figlio di conoscere le proprie origini. Tuttavia, la pronuncia della Corte segue il solco tracciato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, intervenuta sul punto (decisione 25 settembre 2012, Godelli c. Italia), ritenendo che la legislazione italiana violasse i principi contenuti nella convenzione Europea dei diritti 3 dell’Uomo per una tutela dell’anonimato della madre giudicata non equa, in quanto non adeguatamente bilanciata con il diritto del figlio adulto, pur se adottato da terzi, di avere informazioni sulle sue origini familiari. Pertanto, nel riconoscere la disciplina attuale troppo rigida nella parte in cui non prevede la possibilità di ripensamento della madre in relazione alla scelta dell’anonimato, ha ritenuto incostituzionale la parte della normativa che non prevede, attraverso un procedimento stabilito dalla legge, la possibilità per il giudice di interpellare la madre, su richiesta del figlio, al fine di un’eventuale revoca della dichiarazione di non volere essere nominata. La sentenza non ha quindi intaccato il diritto alla riservatezza della madre, ma ha posto in capo al legislatore il compito di individuare un percorso che, da un lato, possa consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non volere essere nominata, dall’altra, a cautelare in termini rigorosi il diritto all’anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivono adeguatamente le modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo.
Una materia dunque complessa, su cui sono intervenute spesso sentenze dei Tribunali ordinari chiamati a risolvere problematiche concrete e di non semplice soluzione ( anche perché attinenti una sfera personalissima dell’individuo) e che ha visto, nel corso dell’esame in Commissione Giustizia alla Camera, l’ascolto di numerosi giuristi ed esperti del settore, al fine di arrivare alla adozione di disposizioni che contemperassero i due interessi della madre e del figlio.
A seguito dell’esame da parte della Commissione Giustizia è stato approvato un testo unificato, che prevede quanto segue: è riconosciuto al figlio ( sia adottato che non riconosciuto alla nascita) il diritto di richiedere le informazioni relative alla identità della propria madre che, avendo dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, abbia successivamente revocato tale dichiarazione ovvero sia deceduta. Soggetto preposto all’attività di mediazione tra figlio e madre naturale è il Tribunale per i minorenni il quale, con modalità che assicurino la massima riservatezza, avvalendosi preferibilmente del personale dei servizi sociali, contatta la madre per verificare se intenda mantenere l’anonimato. Si prevede altresì che l’eventuale accesso alle informazioni circa le proprie origini non dia vita né ad azioni di stato, né dia diritto a rivendicazioni di carattere patrimoniale o successorio da parte dell’adottato. Il Tribunale per i minorenni, con modalità che assicurino la massima riservatezza, avvalendosi preferibilmente del personale dei servizi sociali, contatta la madre per verificare se intenda mantenere l’anonimato. L’istanza può essere presentata, una sola volta, al Tribunale per i minorenni del luogo di residenza del figlio. Al fine di garantire che il procedimento si svolga con modalità che assicurino la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della madre, si richiede che il Tribunale tenga in adeguato conto, in particolare, dell’età e dello stato di salute psicofisica della madre, delle sue condizioni familiari, sociali e ambientali. Se la madre conferma di voler mantenere l’anonimato, il Tribunale per i minorenni autorizza l’accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all’eventuale presenza di patologie ereditarie trasmissibili.
La nuova disciplina del parto anonimo prevede, quindi, che la madre venga informata, anche in forma scritta:
• degli effetti giuridici, per lei e per il figlio, della dichiarazione di non volere essere nominata;
• della facoltà di revocare, senza limiti di tempo, la dichiarazione di non volere essere nominata e delle modalità per formalizzare la revoca;
• della facoltà del figlio, raggiunta l’età prevista dalla legge, di presentare istanza al Tribunale per i minorenni affinché questo verifichi se la madre intenda mantenere l’anonimato.
Il testo così approvato passa ora all’esame del Senato.
IN PARLAMENTO:
“Senza conoscere la storia non si può fare buona politica”
…sono le parole pronunciate dalla mia collega Pia Locatelli in occasione del suo intervento in aula durante l’approvazione definitiva della proposta di legge istitutiva del Premio Giuseppe di Vagno. Condivido profondamente il suo pensiero e vi allego per questo il mio intervento in aula nel corso della discussione generale sul provvedimento. (guarda il video)
Ho presentato in aula, nell’ambito del disegno di legge La Buona Scuola, un ordine del giorno rivolto al Governo diretto ad introdurre tra le attività connesse all’autonomia scolastica e al potenziamento dell’offerta formativa anche lo svolgimento di attività di potenziamento delle competenze degli studenti nella pratica e nella cultura del teatro e della danza, elementi identitari della cultura italiana ( vedi testo)
Diventa finalmente parte integrante della legge l’inserimento dei corsi di primo soccorso nel percorso formativo degli studenti ( inseriti grazie al lavoro condotto insieme ai colleghi Rampi ed Ascani ), previsione arricchita, durante l’esame condotto dal Senato, con il coinvolgimento, a fianco delle realtà del territorio, anche del 118 del Servizio Sanitario Nazionale. Si tratta di una disposizione che pone il nostro Paese all’avanguardia rispetto agli altri Stati europei. Sarà importante ora il lavoro che, insieme alle associazioni direttamente coinvolte su questo tema nei territori, dovremmo condurre per l’attuazione di questo importante previsione.
Infine. Facendo seguito alle numerose e giuste sollecitazioni del Comune di Recanati in merito al difficile stato del Colle dell’Infinito, colpito da movimenti franosi a seguito degli eventi atmosferici della scorsa primavera, ho presentato una specifica interrogazione rivolta al Ministro Franceschini per sollecitare la messa in opera di un piano di interventi che tuteli e valorizzi un bene paesaggistico così importante per la comunità marchigiana e per il Paese.
Ho sottoscritto insieme al collega Carescia una interrogazione per sollecitare un pronto intervento di sostegno, da parte del Ministero dei Beni Culturali, a favore del Museo statale tattile Omero di Ancona, una delle eccellenze culturali della nostra regione, nato con l’obiettivo di favorire la conoscenza dell’arte da parte degli ipovedenti e dei minorati della vista.
È’ stato presentata pochi giorni fa, a Roma, “Rigenerare”, progetto di formazione promosso dal gruppo parlamentare Pd insieme alla Fondazione Nilde Iotti in occasione del Settantesimo anniversario della Liberazione. È’ un’iniziativa alla cui realizzazione ho personalmente partecipato che, partendo dalla ricostruzione del contributo dato dai Gruppi di difesa della donna al processo di Liberazione del Paese, intende realizzare appuntamenti di formazione in ogni regione dedicata ai giovani e alle giovani impegnate in politica.
E INFINE
“La cultura è quella attività che rende inevitabile l’altamente improbabile” (Pierre Boulez)
Proprio per questo condivido con voi i significativi risultati del rapporto 2015 di Symbola, presentanti dal Ministro Franceschini ed oggetto di un interessante convegno tenutosi lo scorso 25 giugno presso l’Università di Macerata.
Le Marche sono la prima regione italiana per incidenza dell’occupazione dovuta a cultura e creatività e sono la seconda regione del Paese per valore aggiunto del medesimo comparto. Le due province di Pesaro Urbino e Macerata fanno la parte del leone nella classifica nazionale, rispettivamente, con il secondo ed il settimo posto tra le province italiane per ricchezza ed occupazione prodotte dal sistema culturale.
Sono dati frutto di investimenti e di una visione politica tenacemente perseguita in questi anni dalle istituzioni ad ogni livello e che cominciano a produrre risultati concreti. (vedi testo)