Tanti sono i temi che potrebbero occupare questo spazio. Le immagini di Bruxelles che entrano nelle nostre case, unite a quelle dei giorni successivi degli attentanti di Baghdad e di Lahore. Anch’essi colpi improvvisi, parte di una strategia terroristica più complessiva, che irrompono nella quotidianità di una giornata lavorativa, dell’allegria di una partita di calcio, della spensieratezza dei bambini in un parco giochi. La morte di Giulio Regeni e la ferma e giusta richiesta di verità da parte della sua famiglia che da cittadini italiani in primo luogo, al di là del ruolo istituzionale ricoperto, dobbiamo sostenere e rilanciare con forza. La tragica scomparsa in Spagna delle tredici studentesse Erasmus (di cui sette italiane), emblema di una gioventù cosmopolita ed aperta verso il mondo, l’esatta antitesi del terrorismo che vorrebbe spingerci a restare in casa e rinunciare a noi stessi. Siamo circondati da morte e dolore. Eppure proprio in questo momento in cui l’orizzonte sembra farsi più scuro, in cui la paura sembra imporre un freno ed un limite alla nostra quotidianità è proprio all’umanità che penso si debba fare appello. Al senso dell’essere umani, di far parte di una comunità di umani che, nonostante tutto, dovrebbe continuare a guidarci. Non è un’analisi politica (per la quale avrete letto analisi più colte ed approfondite della mia), è un appello pre-politico al restare, nonostante tutto, umani.
Mi vengono in mente in questo momento, una immagine ed una frase. La prima è tratta da un piccolo film africano “Timbuktu” che racconta gli effetti quotidiani della dominazione jihadista nella comunità del Mali. Una dominazione crudele che impone la Shari a, costringe a matrimoni forzati, proibisce la musica, le sigarette, il calcio. A cui, però, pur nel terrore e nella paura si cerca di rispondere continuando a non perdere la propria quotidianità, restando umani. Continuando, anche se il calcio è stato proibito, a giocare a calcio immaginando ci sia un pallone che si è costretti a non utilizzare (GUARDA UN PEZZO DEL FILM). Facendo propria una bella frase riportata sulla lapide commemorativa posta nel luogo dove fu ucciso il giornalista Walter Tobagi: “Più tenace della paura, più profonda del tuo dolore nel silenzio dell’essere, la vita canta”. E’a questo senso della vita che sento di fare appello in questo momento in cui “il cielo è cattivo ed il mare si è scordato di essere azzurro”. E’ l’unico che può condurci razionalmente fuori dalla paura e dall’istinto di vendetta.
Riforma delle Banche di credito Cooperativo
Dopo la riforma della disciplina delle banche popolari, il Governo ha deciso di compiere un altro importante passo nell’ampio disegno di ristrutturazione e innovazione della normativa italiana concernente l’intero sistema bancario, con l’obiettivo di rafforzarlo, di renderlo più resistente di fronte ad ogni possibile shock, di mettere gli istituti nelle condizioni di finanziare adeguatamente l’economia reale e di favorire così la crescita e l’occupazione. Nasce da queste fondamentali esigenze il decreto-legge del 14 febbraio 2016, n. 18, recante “Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio”.
«Il credito cooperativo, molto frammentato, è esposto a forti pressioni concorrenziali; ha risentito pesantemente della prolungata fase di difficoltà economica del Paese. L’esigenza di una significativa integrazione delle banche di credito cooperativo (BCC), che richiamiamo da tempo, si è fatta più pressante. La riforma in via di definizione, nel preservare la natura mutualistica dell’attività, potrà rafforzare la solidità del sistema 2 e migliorare gli assetti del governo societario». Queste parole, pronunciate il 30 gennaio scorso dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, al 22° Congresso ASSIOM Forex tenutosi a Torino, danno una chiara indicazione di come un intervento che riformasse il credito cooperativo fosse ormai atteso da tempo e assolutamente necessario.
Per superare le criticità contenute nell’attuale disciplina del settore e le debolezze strutturali derivanti dal modello di attività, particolarmente esposto all’andamento dell’economia del territorio di riferimento e alle conseguenze di una dimensione ridotta (aspetti che si ripercuotono sulle possibilità di diversificazione del rischio), ci si è mossi perseguendo alcuni fondamentali obiettivi: confermare il ruolo e il valore delle BCC come banche cooperative delle comunità e dei territori (ad esempio mantenendo, sin dall’inizio, il principio del voto capitario e i consigli di amministrazione eletti dai soci); migliorare la qualità della governance, anche semplificando la loro organizzazione interna; assicurare una più efficiente allocazione delle risorse all’interno del sistema; consentire il tempestivo reperimento di capitale in caso di tensioni patrimoniali, anche attraverso la partecipazione di soggetti esterni al mondo cooperativo; garantire l’unità del sistema per accrescere la competitività e la stabilità nel medio-lungo periodo. Per prima cosa, il decreto prevede alcune modifiche al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1° settembre 1993, prevedendo che l’esercizio dell’attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo sia consentito solo alle BCC appartenenti un gruppo bancario cooperativo che abbia come capogruppo una società per azioni con un patrimonio non inferiore ad 1 miliardo di euro. L’adesione ad un gruppo di questo tipo diventa dunque la condizione per il rilascio, da parte della Banca d’Italia, dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo.
Per favorire la patrimonializzazione delle singole BCC e rafforzare il legame con i soci, il valore nominale massimo della partecipazione detenibile da ciascun socio viene peraltro innalzato dagli attuali 50 mila a 100 mila euro, mentre il numero minimo dei soci viene portato da 200 a 500. Da sottolineare che la maggioranza del capitale della capogruppo dovrà essere detenuta dalle stesse BCC del gruppo, mentre il resto potrà essere detenuto da soggetti omologhi (gruppi cooperativi bancari europei, fondazioni) o essere destinato al mercato dei capitali. Per contribuire al rafforzamento delle BCC è consentita la sottoscrizione delle azioni di finanziamento (di cui all’art. 2526 del Codice Civile) anche da parte della capogruppo e non necessariamente in situazioni di inadeguatezza patrimoniale o di amministrazione straordinaria. Da sottolineare anche che attraverso un emendamento presentato dall’esponente del PD e relatore Giovanni Sanga viene affidata al Ministero dell’Economia e Finanze la facoltà di prevedere per esigenze di stabilità del sistema, sentita la Banca d’Italia e con proprio decreto, una soglia minima di partecipazione delle BCC al capitale della società capogruppo anche inferiore al 51 per cento fissato dal decreto.
Alla società capogruppo è affidato, più in generale, il compito di svolgere un’attività di direzione e di coordinamento delle BCC sulla base di accordi contrattuali denominati “contratti di coesione”, che indicano appunto i poteri di direzione e di coordinamento della capogruppo nei confronti delle diverse banche.
Al termine del confronto in Commissione Finanze della Camera, si è anche stabilito di creare, come chiesto anche da Federcasse, un Fondo temporaneo mutualistico-assicurativo durante la fase di costituzione dei gruppi bancari cooperativi, promosso dall’Associazione nazionale del credito cooperativo, per favorire i processi di consolidamento e concentrazione delle BCC. Gli impegni di questo Fondo verranno assunti, una volta che si sarà costituita, dalla capogruppo. Il dibattito più ampio e articolato, già all’indomani della presentazione del decreto da parte del Governo e poi in sede di esame in Commissione, si è svolto attorno alla cosiddetta way out, e cioè alla “via d’uscita” prevista per le banche di credito cooperativo che non vogliano aderire ad un gruppo bancario così come appena descritto. Al termine di un confronto che si è sviluppato non solo tra le singole forze politiche ma anche al loro interno, grazie alle proposte di riformulazione presentate dal relatore Sanga che, accogliendo le modifiche sollevate attraverso numerosi emendamenti, costituiscono il frutto di una riflessione approfondita e condivisa, si è stabilito che la possibilità di non aderire venga concessa alle BCC che entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (un tempo ristretto, a significare un passo che non può essere improvvisato ma utilizzato solo da soggetti già strutturati per poterlo fare) presentino istanza, anche congiunta, alla Banca d’Italia, di conferimento delle rispettive aziende bancarie ad una medesima Spa.
Si tratta, dunque, non più di una trasformazione diretta in Spa, ma di uno “scorporo” dell’attività bancaria che dovrà avvenire con la vigilanza della stessa Banca d’Italia e purché la banca istante o una delle banche istanti posseggano alla data del 31 dicembre 2015 (nel testo originario mancava un’indicazione temporale simile) un patrimonio netto di 200 milioni, come risultante dal bilancio e senza che il revisore contabile abbia espresso alcun rilievo in proposito. La riforma delle BCC, in definitiva, risponde adeguatamente alle rilevanti trasformazioni e alle sfide innovative in termini di competitività che investono oggi il comparto del credito, che richiedono un irrobustimento della capitalizzazione delle banche in questione, una governance più adeguata e trasparente, una riduzione dei costi e una migliore efficienza. Tutto questo senza danneggiare le tradizionali caratteristiche di istituti che sono nati e si sono sviluppati tenendo fede a principi di mutualità e di solidarietà e con una vocazione localistica. A dire che si tratta di un provvedimento che ha «un’importanza storica» e che è «destinato a segnare profondamente e in modo duraturo la fisionomia della cooperazione bancaria» è la stessa Banca d’Italia. Sono parole del suo Capo del Dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria, Carmelo Barbagallo, secondo il quale la riforma «introduce nell’ordinamento gli strumenti normativi necessari per il rafforzamento patrimoniale e il consolidamento del settore», e «se attuata tempestivamente, consentirà a una parte fondamentale del sistema bancario italiano di accrescere la capacità di accedere al mercato dei capitali, migliorare il governo e il controllo dei rischi, razionalizzare i costi». Una riforma, dunque, che «insieme alla riforma delle banche popolari e con le misure per favorire lo smobilizzo dei crediti deteriorati, costituisce un contributo fondamentale alla stabilità finanziaria e alla capacità del sistema bancario di soddisfare i bisogni dell’economia».
Conflitto di interessi
La Camera dei Deputati ha approvato in prima lettura il testo della nuova normativa in materia di conflitto di interessi. Il provvedimento, interviene a disciplinare la risoluzione dei conflitti di interesse dei titolari di cariche di governo nazionale e i titolari di cariche di governo regionale, sostituendo la vigente normativa.
Come tutte le leggi analoghe di altri Paesi, la nuova disciplina ha carattere preventivo, ha lo scopo cioè di prevenire il conflitto di interessi; la legge Frattini, attualmente vigente in materie, si limita, invece, ad intervenire solo successivamente e con sanzioni scarsamente disincentivanti, per non dire inesistenti (semplice segnalazione del conflitto al Parlamento attraverso una Relazione).
La normativa chiarisce la nozione giuridica di conflitto di interessi (“Sussiste conflitto di interessi in tutti i casi in cui il titolare di una carica di governo sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l’esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza”) ed individua l’ambito soggettivo di applicazione che comprende i titolari di cariche di a) governo nazionale (il Presidente del Consiglio dei ministri, i vicepresidenti del Consiglio dei ministri, i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo); b) governo regionale (i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome ed i componenti della giunte regionali e delle province autonome); c) membri del Parlamento; d) consiglieri regionali, con una disciplina apposita prevista per i parlamentari, in linea con le garanzie previste dagli articoli 66 e 68 della Costituzione; e) membri delle autorità indipendenti.
Rafforzati i poteri di controllo: il compito di vigilare è stato affidato ad un organismo già esistente, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che già si occupa di conflitti di interessi, disciplinandone dettagliatamente la composizione, al fine di garantirne l’imparzialità, ed estendendone i poteri. Alla luce delle modifiche introdotte l’AGCM sarà composta da 1 presidente e 4 membri, eletti 3 dalla Camera e 2 dal Senato.
Vera novità rispetto alla Legge Frattini è la possibilità, nelle ipotesi più rilevanti, di risolvere la propria posizione conflittuale, anche in via preventiva, attraverso le misure tipiche per la soluzione del conflitto di interessi, ossia mediante l’affidamento in gestione dei beni e delle attività patrimoniali, attraverso la sottoscrizione di un contratto di gestione, oppure, se non sussistono altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi, la vendita su richiesta dell’Autorità, dei beni e delle attività rilevanti. Questo avviene quando il titolare della carica di governo nazionale possieda, anche per interposta persona o tramite società fiduciarie, partecipazioni rilevanti nei settori della difesa, del credito, dell’energia, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale, delle comunicazioni e dell’editoria di rilevanza nazionale,dei servizi pubblici erogati in concessione o autorizzazione, nonché in imprese operanti nel settore pubblicitario oppure quando la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari in capo al titolare della carica di governo siano tali da condizionare l’esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza. Nei casi in cui non sia previsto l’obbligo di ricorrere alla gestione fiduciaria o alla vendita, è comunque previsto uno specifico obbligo di astensione per il titolare di una carica di governo che sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l’esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza, sia a seguito di iniziativa assunta dall’Autorità, sia, in via residuale, su iniziativa dello stesso soggetto interessato.
Per i membri del Parlamento, viene rivista la disciplina della ineleggibilità, prevedendola per coloro che hanno il “controllo” (e non la rappresentanza legale) di società che risultino vincolate allo Stato con contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di notevole entità economica, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica. Per i consiglieri regionali viene introdotta una normativa di principio in tal senso. (per ulteriori approfondimenti, clicca qui)
Cirinnà
Nel precedente numero della newsletter mi ero a lungo soffermata sul provvedimento all’esame del Senato relativo alla disciplina delle unioni civili. Dopo poco più di un mese quel testo è stato approvato dall’aula di Palazzo Madama ed è attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera. (per leggere il testo clicca qui)
Si è a lungo dibattuto sulla opportunità dell’intervento del Governo con l’apposizione della questione di fiducia su un testo rivisto rispetto all’originale. Certamente il testo approvato, eliminando le previsioni relative alla cd. adozione di figliastro, prevede una soluzione meno avanzata e mediana rispetto alle disposizioni originarie. Rispetto però a quanti hanno parlato di sconfitta riguardo al testo approvato dall’Aula, ritengo che pur modificato questo provvedimento rappresenta un significativo passo in avanti per il nostro ordinamento sul fronte del riconoscimento dei diritti civili. Certamente tutti avremmo voluto vedere un’ampia maggioranza parlamentare convergere sul testo di legge originario ma la convenienza politica, purtroppo, ha avuto la meglio (e mi riferisco, in particolare, al Movimento 5 stelle) sulla importanza e sulla delicatezza della materia oggetto del testo di legge. Consideratemi cinica ed opportunista, ma tra nessun testo sulle unioni civili (perché in alcuni momenti si è rischiato questo al Senato) ed un provvedimento di mediazione che riconosce le unioni civili e le regolamenta in modo chiaro, continuo a preferire la seconda soluzione, senza esitazione. Ecco allora un breve sunto del provvedimento, ora all’esame della Camera.
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Sprechi alimentari
Approvata alla Camera in prima lettura la legge contro lo spreco alimentare. Ora il testo passa all’esame del Senato. Lo sperpero di alimenti e farmaci rappresenta un costo sempre più insostenibile, anche da un punto di vista morale, per la collettività e comporta un dispendio di risorse naturali, idriche ed energetiche, oltre ad essere fonte di inquinamento.
È la prima volta in Italia che si definiscono termini come “spreco” o “eccedenza alimentare” e che si interviene al fine di indirizzare la donazione di questi beni: si tratta di un tassello all’interno di un piano strategico e di un ventaglio più ampio di politiche attive, soprattutto in materia di contrasto alla povertà. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha quantificato in 1,3 miliardi di tonnellate – pari a un terzo della produzione – lo spreco di cibo destinato al consumo umano: una quantità che se riutilizzata potrebbe idealmente sfamare per un anno intero metà dell’attuale popolazione, ovvero 3,5 miliardi di persone.
La finalità del provvedimento è quella di ridurre gli sprechi per ciascuna delle fasi di produzione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici o altri prodotti, attraverso il perseguimento di diversi obiettivi, tra i quali:
• recupero e donazione delle eccedenze alimentari ai fini dell’utilizzo umano e di prodotti farmaceutici, e di altri prodotti, ai fini della solidarietà sociale;
• riduzione produzione dei rifiuti, promozione del riuso e del riciclo attraverso l’estensione del ciclo di vita dei prodotti;
• promozione delle attività di ricerca, informazione e sensibilizzazione dei cittadini, con particolare riferimento ai giovani;
• raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e dal Piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare.
Vengono semplificate le misure per la cessione gratuita degli alimenti ai fini di solidarietà sociale e destinata a favore di persone indigenti. Le cessioni di eccedenze alimentari devono prioritariamente essere destinate al consumo umano, mentre le eccedenze alimentari non idonee al consumo umano possono essere cedute per il sostegno vitale di animali e per altre destinazioni, come il compostaggio. È inoltre consentita la cessione a titolo gratuito delle eccedenze di prodotti agricoli in campo o di allevamento idonei al consumo umano ed animale.
La RAI dovrà assicurare un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all’informazione e alla sensibilizzazione riguardanti i comportamenti e le misure idonei a ridurre sprechi alimentari, energetici o di altro genere. Presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado sono promossi percorsi mirati all’educazione a una sana alimentazione e a una produzione alimentare ecosostenibile, nonché alla sensibilizzazione contro lo spreco degli alimenti e sugli squilibri esistenti a livello nazionale e internazionale sull’accesso al cibo.
I Comuni potranno applicare un coefficiente di riduzione della tariffa sui rifiuti alle utenze non domestiche (attività commerciali, industriali, professionali e produttive in genere), che producono o distribuiscono beni alimentari, e che a titolo gratuito cedono, direttamente o indirettamente, tali beni alimentari agli indigenti e alle persone in maggiori condizioni di bisogno ovvero per l’alimentazione animale.
La riduzione sarà proporzionale alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita e oggetto di donazione.
Editoria
Con l’approvazione della proposta di legge parlamentare promossa dal gruppo Pd in Commissione Cultura della Camera, si riforma in modo significativo il settore dell’editoria e, in particolare, del sostegno pubblico all’editoria, già profondamente riorganizzato dal Governo Monti.
I criteri ispiratori sono quelli di una maggior trasparenza e una maggiore individuazione dei destinatari della piccola editoria, utilizzando e il criterio del no profit e delle cooperative di giornalisti, mentre si escludono, in maniera molto chiara, sia i fogli di partito sia le società quotate in Borsa.
Perché questa legge?
• Assicurare diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell’informazione a livello locale e nazionale;
• Incentivare l’innovazione nell’informazione e nella rete di distribuzione e vendita;
• Incentivare le imprese del settore a investire e acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo;
• Sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell’informazione digitale
L’obiettivo è, dunque, garantire che al contributo pubblico corrispondano capacità economica e imprenditoriale, una reale esistenza sulla base delle copie vendute, e la capacità di raccogliere fondi diretti.
A chi sono destinati i fondi?
• Imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti non aventi fini di lucro;
• Editrici di quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche;
• Enti senza fini di lucro;
• Cooperative giornalistiche;
• Associazioni dei consumatori a condizione che risultino iscritte nell’elenco istituito dall’articolo 137 del codice del consumo;
• Quotidiani e periodici in lingua italiana editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero;
• Imprese ed enti che editano periodici per non vedenti e per ipovedenti.
Chi NON riceverà i fondi?
• Organi di informazione di partiti, movimenti politici e sindacali;
• Tutte le imprese editrici di quotidiani e periodici facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa;
• Periodici specialistici di carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico.
Altro punto importante del provvedimento è la revisione dell’ordine dei giornalisti, del suo consiglio nazionale secondo un principio di razionalizzazione delle competenze.
Si interviene anche sul tema dei prepensionamenti di questo settore con un criterio di razionalità, che dice che laddove c’è bisogno di un intervento pubblico e, quindi, di contributi, ci deve essere rigore, un accompagnamento verso una condizione simile a quella di tutti i lavoratori.
Le nuove norme ( passate ora all’esame del Senato) istituiscono un nuovo Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e delega il Governo a ridefinire la disciplina del sostegno pubblico all’editoria, della regolamentazione delle edicole, nonché quella relativa ai prepensionamenti dei giornalisti e al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Il provvedimento è frutto del lavoro di sintesi e di confronto, anche da diverse posizioni, tra le forze politiche avvenuto nella prima in Commissione Cultura e Istruzione e poi nell’Aula della Camera dei deputati; interviene in modo complessivo sul sistema, innovando in modo importante la disciplina precedente e fissando alcuni temi. In particolare si rafforza il pluralismo attraverso il sostegno alla stampa locale, alle cooperative e agli enti no profit, si accelera il passaggio al digitale, si aiutano le start up che presentano dei progetti d’avanguardia, si interviene nella crisi delle edicole permettendo loro di diversificare i prodotti in vendita e investendo sulla loro innovazione. Le risorse saranno indirizzate al sostegno delle realtà medio-piccole, essendo esclusi oltre agli organi di partito anche i grandi gruppi quotati in borsa. I finanziamenti sono resi proporzionali rispetto al numero di copie vendute, facendo cessare le storture del passato che vedevano ingenti risorse destinate a periodici che non vendevano. Inoltre saranno anche proporzionati alla capacità delle imprese di creare valore e nuovi posti di lavoro per I giovani.
La proposta di legge istituisce presso il Ministero dell’economia e delle finanze il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Il Fondo è finalizzato ad assicurare la piena attuazione dei principi di cui all’art. 21 della Costituzione in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell’informazione, a livello nazionale e locale, e ad incentivare l’innovazione dell’offerta informativa e dei processi di distribuzione e vendita, la capacità delle imprese editoriali di investire e di acquistare posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editoriali anche nel settore dell’informazione digitale.
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E infine
Nei prossimi mesi sarò impegnata su un tema meritevole di attenzione ed approfondimento per il ruolo che la cultura e l’impresa culturale svolge nel nostro Paese. Sono stata infatti nominata relatrice della Proposta di legge, presentata dalla collega Anna Ascani, dedicata alla disciplina delle start up culturali e alle agevolazioni connesse al loro sviluppo. La Commissione svolgerà un attento lavoro di approfondimento sul tema attraverso lo svolgimento di audizioni mirate di esperti ed istituzioni. Sarebbe interessante condividere con voi riflessioni ed analisi che vi invito ad inviarmi se volete per arricchire il dibattito intorno a questa tematica. Ne parleremo inoltre in una prima occasione pubblica il prossimo 8 aprile alle ore 17 presso il Teatro comunale di Monte Vidon Corrado in un incontro, promosso dal Pd Marche, sul tema Start up e impresa culturale creativa.
Numerosi sono stati gli appuntamenti che mi hanno vista coinvolta. Ne cito solo alcuni a cominciare dalle numerose iniziative realizzate per ricordare il settantesimo anniversario del primo voto femminile, esercitato il 10 marzo in occasione delle prime elezioni amministrative dell’Italia repubblicana. In Ancona, a Forlì, a Macerata, a Montecassiano, non sono mancate occasioni di approfondimento e riflessione sul passato dell’impegno femminile, ma ancor più sui traguardi che ancora si aprono davanti alle donne nell’impegno politico e nel mondo del lavoro. O ancora la bella cerimonia svoltasi a Porto Sant’Elpidio per l’intitolazione di un nuovo polo scolastico alla memoria di Carlo Urbani (per il mio intervento clicca qui) . O la riapertura della Pinacoteca di San Severino – che vi invito a visitare- frutto dell’intelligente e proficuo investimento fatto dall’Amministrazione guidata da Cesare Martini (per il mio intervento clicca qui).
Accanto a tanti impegni politici ed istituzionali c’è una questione importante di cui mi sono spesso occupata nei mesi scorsi e su cui ancora alta è l’attenzione. Mi riferisco alla complessa situazione dello stabilimento Sacci di Castelraimondo, oggetto di una complessa procedura di cessione proprietaria, su cui i creditori dell’azienda dovranno pronunciarsi nelle prossime settimane. Dopo i positivi risultati forniti dall’Arpam che ha escluso ogni possibile rischio ambientale legato alle attività dello stabilimento, ora l’impegno delle istituzioni ( ad ogni livello, regionale, locale e nazionale) dovrà essere rivolto alla salvaguardia dei posti di lavoro e della produttività dello stabilimento.
Tanti momenti per festeggiare, ricordare, riflettere insieme ad una comunità locale.