Newsletter n° 28 del 14 Giugno 2016

Una immagine ed un abbraccio.

Questi sono i ricordi che associo all’11 maggio 2016. Una data destinata a restare impressa nella memoria. Il giorno di approvazione definitiva del testo riguardante le Unioni Civili alla Camera dei Deputati. Un’approvazione avvenuta in un clima positivamente elettrico, misto di attesa ed entusiasmo. Un clima che provo a riassumere ( ma è difficile da rendere fino in fondo per chi non era presente) con la foto del nastro che, insieme a tanti altri colleghi, ho appuntamento quel giorno alla giacca. Un nastro arcobaleno, come arcobaleno sono le tante sfumature della vita.

Un nastro ed un abbraccio mi tornano alla memoria di quel pomeriggio (insieme alla intensa dichiarazione di voto resa dal collega Alessandro Zan). L’abbraccio sincero ed entusiasta ad un amico, con cui non sono mancati in questi mesi confronti e anche scontri in merito alla politiche adottate dal Governo, ma a cui il pensiero è corso in quel pomeriggio di maggio durante quella bella dichiarazione di voto, per poi inaspettatamente ritrovarlo davanti alla Camera per festeggiare con un abbraccio la legge appena approvata, un non piccolo e significativo passo in avanti lungo il cammino dei diritti nel nostro Paese.

Inizio con questa breve notazione personale le mie riflessioni mensili, che non possono non toccare i risultati elettorali della recente tornata amministrativa non ancora completata, segnata dalla crescita dell’astensionismo e da una flessione complessiva ( che tocca anche il Movimento Cinque Stelle rispetto ai risultati delle politiche 2013) di tutte le forze politiche, a cominciare proprio dal PD che arretra in modo significativo rispetto ai risultati delle Europee 2014. E che, nel caso maceratese, si accompagna alla sconfitta, tra gli altri, nei Comuni di San Severino e Porto Recanati. Un dato che riflette, ovviamente, elementi locali- perché di elezioni amministrative stiamo parlando- ma che assume connotati politici più generali. Rispetto ai quali penso sia il caso di intervenire, prima ancora del congresso che ci aspetta nel 2017.

Intervenire, senza alibi, affrontando i problemi ed i limiti dell’azione svolta fino ad oggi all’interno del nostro partito e nei nostri circoli ai vari livelli locali, prendendo coscienza della situazione e del rischio che l’unico partito esistente nel nostro Paese sta correndo: quello di dividersi e di annullarsi, tra circoli che rischiano di scomparire e una partecipazione ridotta al minimo. Una presa di coscienza che ponga fine alla discutibile ressa di dichiarazioni a mezzo stampa da ambo le parti che, a livello locale e nazionale, ci rappresentano come una realtà perennemente in guerra, partendo da una presa d’atto: che Renzi è legittimamente il segretario del Pd e il capo del Governo, ma che il consenso intorno ad un unico uomo non è in grado di reggere a lungo di fronte all’opinione pubblica. Serve una squadra, che senta la propria appartenenza ad un gruppo e sia motivata a dare il proprio contributo. Occorre allora partire dalla presa d’atto dei problemi che ci sono, che non nascono, purtroppo con Renzi, ma che l’attuale segreteria non è riuscita, purtroppo, a risolvere. Personalismi, opportunismi , tatticismi a tanti livelli, mancanza di una conduzione politica chiara e certa. Non è il momento allora dei lanciafiamme, se questi servono solo a distruggere, è il momento di costruire, di dare un cuore- come ha giustamente ricordato Sergio Staino pochi giorni fa- al partito, con pazienza e senza tentazione di sgambetti reciproci perché senza quel partito e senza la partecipazione le elezioni non si vincono. Qualche selfie in meno e qualche contenuto in più, affrontando nel merito i temi al centro del l’agenda politica, a cominciare dal referendum costituzionale di ottobre, senza cercare nemici e senza minacciare espulsioni, ma valorizzando il contenuto della riforma che i cittadini dovranno votare. Già i ballottaggi di questi giorni saranno un banco di prova, per confermare il valore di progetti di governo di centro-sinistra che hanno governato tante città italiane per poi concentrarsi dal giorno successivo sul futuro che attende chi ancora ha deciso di investire, iscrivendosi, nel Partito Democratico.

Terzo settore

La Camera ha finalmente approvato in via definitiva la legge delega di riforma organica del Terzo Settore. Capillare, produttivo, in costante e rapida espansione. Il Terzo settore rappresenta una delle realtà economiche, sociali e giuridiche più rilevanti e dinamiche del nostro paese. Nel corso degli anni, il mondo del non-profit e il network degli enti e delle associazioni che rientrano in questa categoria, si sono arricchiti e sviluppati su tutto il territorio nazionale.

L’Istat rileva che, nel decennio 2001-2011, il settore ha registrato una crescita superiore a qualunque altro settore produttivo italiano, con un incremento del 28 per cento degli organismi e del 39,4 per cento degli addetti. Sono quasi 5 milioni i volontari che prestano servizio gratuito, 680 mila i dipendenti, 270 mila i collaboratori esterni e 6 mila i lavoratori temporanei. Una galassia che coinvolge il 6,4 per cento delle complessive unità economiche attive.

Un settore, però, mancante di una definizione normativa in positivo che vada oltre la caratterizzazione in negativo dell’assenza di fini di lucro ed eterogeneo sia nelle forme delle realtà operanti, sia nella disciplina che ne regola le attività.
Il provvedimento di riforma cerca quindi di dare omogeneità al settore e di riformare organicamente la disciplina riguardante il volontariato, la cooperazione sociale, l’associazionismo non-profit, le fondazioni, le imprese sociali. Obiettivo del provvedimento è riorganizzare, uniformare e coordinare il comparto, anche attraverso l’armonizzazione degli incentivi e degli strumenti di sostegno, al fine di edificare un rinnovato sistema che favorisca la partecipazione attiva e responsabile delle persone, singolarmente o in forma associata, per valorizzare il potenziale di crescita e occupazione insito nell’economia sociale.

La legge delega prevede che il Governo adotti, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi volti a sostenere la libera iniziativa, personale e associativa, finalizzata al bene comune, all’incremento dei livelli di coesione e protezione sociale e all’inclusione e il pieno sviluppo della persona. I decreti legislativi attuativi della delega dovranno rispettare alcuni principi chiave tra cui la garanzia del più ampio diritto di associazione, la promozione dell’iniziativa economica privata svolta senza fini di lucro, il riconoscimento dell’autonomia statutaria degli enti.
La legge si preoccupa di definire il Terzo settore “in positivo”, non più come mera attività non-profit, ma come «il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi». Vengono esplicitamente esclusi dal novero i partiti politici, le fondazioni bancarie, i sindacati, gli organismi di rappresentanza professionali e quelli categoriali. I principi di revisione del Codice civile in ordine alla disciplina sulle associazioni e sulle fondazioni trovano spazio nell’articolo 3 del testo. Tra le linee guida indicate, la semplificazione del procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, l’aggiornamento della disciplina sul regime della responsabilità limitata degli amministratori, il consolidamento delle garanzie dei soci e una nuova regolamentazione per fondazioni o associazioni che svolgano rilevanti attività imprenditoriali, il procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi introdotto dalla riforma del diritto societario. Scopo di tali linee guida è far emergere realtà medio-grandi, incoraggiandole ad assumere personalità giuridica.

Punto chiave del provvedimento è la realizzazione di un nuovo codice del Terzo settore, che raccoglierà la disciplina in materia dopo l’entrata in vigore di tutti i decreti delegati. È evidenziata la necessità di istituire un registro unico del settore. Si profila dunque il superamento della molteplicità dei registri locali e nazionali. Il nuovo registro unico, la cui responsabilità di gestione dovrà essere posta in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si porrà come porta di accesso ai benefici fiscali. L’iscrizione dovrà essere obbligatoria per i soggetti che si avvalgono di finanziamenti pubblici, europei o di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni. Iscrizione tassativa anche per le realtà che esercitano attività in convenzione con enti pubblici. Per evitare forme di dumping contrattuale, si stabilisce che le imprese del Terzo settore dovranno garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

L’articolo 6 si propone l’obiettivo di rilanciare l’impresa sociale, istituita nel 2006. In coerenza con quanto indicato dalla Commissione europea al Parlamento europeo nel 2011, si richiede di definire tale soggetto come «organizzazione privata che svolge attività d’impresa per le finalità civiche, solidaristiche e di mutuo soccorso di cui alla legge e che destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività e quindi rientra nel complesso degli enti del Terzo settore». Si fa esplicito riferimento alla necessità di determinare gestioni “responsabili e trasparenti” e al bisogno di definire una disciplina che preveda forme di remunerazione 6 del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente, con previsione del divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione per gli enti per i quali tale possibilità è esclusa per legge, anche qualora assumano la qualifica di impresa sociali. Prevista infine l’acquisizione di diritto dello status di impresa sociale per le cooperative sociali e per i loro consorzi. Ne risulta un impianto coerente con quanto chiesto dall’Europa, che ha definito e individuato nell’impresa sociale un attore fondamentale dell’economia sociale.

La legge delega interviene con una importante previsione relativa al Servizio Civile traghettando l’attuale sistema verso un nuovo “servizio civile universale” finalizzato alla difesa non armata della Patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, attraverso la realizzazione di esperienze di cittadinanza attiva, di solidarietà e inclusione sociale. La delega indica inoltre il bisogno di definire uno stato giuridico specifico per chi presta un tipo di servizio che non deve in alcun modo essere associabile ad un rapporto di lavoro e dunque non deve essere soggetto a tassazione. Si richiama il bisogno di pervenire a un meccanismo di programmazione triennale dei contingenti e di prevedere un limite di durata del servizio, non inferiore agli otto mesi complessivi, e comunque non superiore a un anno. L’organizzazione delle attività dovrà contemperare le finalità del servizio con le esigenze di vita e di lavoro del giovane, le cui competenze acquisite sul campo andranno riconosciute e valorizzate. Il Servizio civile universale è ora aperto anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.

Importante è inoltre la delega all’Esecutivo a riformare la disciplina del 5 per mille, indicazione pure contenuta nella delega fiscale, legge n. 23 del 2014. Già nella Legge di stabilità 2015 si è proceduto ad innalzare il limite per la deducibilità e la detraibilità delle erogazioni liberali e a stanziare 500 milioni di euro a sostegno di questo strumento. Nella delega in oggetto si chiede stabilità a questo importo e si indicano criteri più selettivi e un sistema più trasparente sull’uso dei fondi. Infine, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo articolato in due sezioni (la prima di carattere rotativo, con una dotazione di 10 milioni di euro, la seconda di carattere non rotativo, con una dotazione di 7,3 milioni di euro) destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni (per maggiori dettagli vedi testo) .

Contenimento consumo del suolo

I temi del consumo di suolo, del riuso del suolo edificato e della valorizzazione delle aree agricole stanno assumendo ormai da qualche tempo una rilevanza crescente e sono finalmente giunti all’attenzione anche del legislatore, sulla spinta di una maggiore consapevolezza dell’opinione pubblica, del mondo scientifico e delle professioni riguardo al tema dei limiti di un modello di sviluppo, che per molto tempo non si è misurato in modo adeguato con il tema della finitezza delle risorse ambientali e territoriali.

Dal 1971 al 2010 l’Italia ha perso il 28 per cento della superficie agricola, una superficie equivalente a quella di Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna. Ed ancora oggi, afferma Chiara Braga (relatrice del PD per la VIII Commissione Ambiente), nonostante la crisi del settore delle nuove costruzioni, si continua a perdere suolo a una velocità di 55 ettari al giorno. L’evoluzione della superficie agricola utilizzata peraltro registra una tendenza inversa rispetto all’andamento demografico, e la continua perdita di terreno agricolo porta l’Italia a dipendere sempre più dall’estero per l’approvvigionamento di risorse alimentari. Molte variabili incidono sulla perdita di superfici agricole e possono essere ricondotte a due macro-fenomeni: l’abbandono dei terreni e la cementificazione.
È questo il senso di un disegno di legge del Governo che ha l’ambizione di determinare e di fissare dei limiti quantitativi al consumo di nuovo suolo agricolo coerente con gli obiettivi che l’Europa si è già data al 2050 e che tiene conto anche dalla legislazione di altri Paesi europei che da diversi anni si sono dotati di una normativa nazionale sull’argomento. Lo spirito, ha affermato Massimo Fiorio (relatore del PD per la XIII Commissione Agricoltura), è quello di intervenire su quei tipi di fabbricati che molto spesso si trovano nei pressi dei centri urbani e che, per dimensioni e fattezze, rischiano l’abbandono e il progressivo degrado. Si tratta di fabbricati anche di pregio – come ad esempio alcune tipologie di cascine nella Pianura padana o di masserie, più in generale – che in questo modo possono trovare, accanto alla prevalente destinazione agricola, altre destinazioni.
Il provvedimento si preoccupa, quindi, di dettare princìpi fondamentali per la valorizzazione e la tutela del suolo, con particolare riguardo alle superfici agricole e alle aree sottoposte a tutela paesaggistica, al fine di promuovere e tutelare l’attività agricola, il paesaggio e l’ambiente, nonché di contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile. Il riuso e la rigenerazione urbana, oltre alla limitazione del consumo di suolo, vengono riconosciuti tra i princìpi fondamentali della materia del governo del territorio. Il consumo di suolo è consentito esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse. Tale divieto comporta l’obbligatoria valutazione delle alternative di localizzazione che non determinino consumo di suolo.

Gli obiettivi stabiliti dall’Unione europea prevedono il traguardo del consumo di suolo pari a zero da raggiungere entro il 20504 . In coerenza con questi, è definita la riduzione progressiva vincolante, in termini quantitativi, di consumo del suolo a livello nazionale. Con deliberazione della Conferenza unificata si stabiliscono i criteri e le modalità per la definizione della progressiva riduzione del consumo del suolo che dovrà tener conto delle specificità territoriali, delle caratteristiche qualitative dei suoli e delle loro funzioni ecosistemiche, delle produzioni agricole in funzione della sicurezza alimentare, della tipicità agroalimentare, dell’estensione e localizzazione delle aree agricole rispetto alle aree urbane e periurbane, della arboricultura da legno in funzione della sicurezza ambientale e produttiva, dello stato della pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica, dell’esigenza di realizzare infrastrutture e opere pubbliche, dell’estensione del suolo già edificato e della presenza di edifici inutilizzati. Un regolamento del MIPAAF e del Ministro dell’ambiente, sentito il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, definisce i soggetti pubblici, le modalità e i criteri per il monitoraggio sulla riduzione del consumo del suolo e sull’attuazione della presente legge, da esercitare avvalendosi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e del Consiglio per la ricerca in agricoltura e per l’analisi dell’economia agraria.

Le Regioni, nell’ambito delle proprie competenze, dettano disposizioni per incentivare i Comuni, singoli e associati, a promuovere strategie di rigenerazione urbana anche mediante l’individuazione, negli strumenti di pianificazione degli ambiti urbanistici e delle aree a destinazione produttiva dismesse, da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio, prevedendo, tra l’altro, elevate prestazioni in termini di efficienza energetica ed integrazione di fonti energetiche rinnovabili, accessibilità ciclabile e ai servizi di trasporto collettivo, miglioramento della gestione delle acque. I Comuni redigono un censimento degli edifici e delle aree dismesse, non utilizzate o abbandonate esistenti. Attraverso tale censimento i Comuni verificano se le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo possano essere soddisfatte attraverso interventi di rigenerazione. Tali informazioni sono pubblicate in forma aggregata e costantemente aggiornate nei siti internet istituzionali dei Comuni interessati. La redazione da parte dei Comuni del censimento è presupposto necessario e vincolante per l’eventuale pianificazione di nuovo consumo di suolo. Le Regioni nell’ambito delle proprie competenze in materia di governo del territorio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano disposizioni per la realizzazione del censimento e del suo periodico aggiornamento, al fine di creare una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso. I Comuni segnalano annualmente al prefetto, che raccoglie le segnalazioni in un apposito registro, le proprietà fondiarie in stato di abbandono o suscettibili, a causa dello stato di degrado o incuria nel quale sono lasciate dai proprietari, di arrecare danno al paesaggio o ad attività produttive.

Prevista una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi recanti disposizioni volte a semplificare le procedure per gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate da un punto di vista urbanistico, socio-economico e ambientale, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) garantire forme di intervento volte alla rigenerazione delle aree urbanizzate degradate attraverso progetti organici relativi a edifici e spazi pubblici e privati, basati sul riuso del suolo, la riqualificazione, la demolizione, la ricostruzione e la sostituzione degli edifici esistenti, la creazione di aree verdi, pedonalizzate e piste ciclabili, l’inserimento di funzioni pubbliche e private diversificate volte al miglioramento della qualità della vita dei residenti;

b) prevedere che i progetti di cui alla lettera garantiscano elevati standard di qualità, sicurezza idrogeomorfologica e sismica, minimo impatto ambientale e risparmio energetico;

c) garantire il rispetto dei limiti di contenimento di consumo di suolo.

Il provvedimento introduce il concetto di compendio agricolo neorurale. Con esso si intende l’insediamento rurale oggetto dell’attività di recupero e riqualificazione che viene provvisto delle dotazioni urbanistiche ed ecologiche e delle nuove tecnologie di comunicazione e trasmissione dati, in modo da offrire nuovo sviluppo economico ed occupazionale. Regioni e Comuni, nell’ambito degli strumenti urbanistici di propria competenza, possono prevedere la possibilità di qualificare gli insediamenti rurali come compendi agricoli neorurali con l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico sostenibile del territorio. 6 Gli interventi edilizi connessi alla proposta di progetto di compendio agricolo neorurale devono avere ad oggetto il riuso o la riqualificazione, anche con la demolizione e la ricostruzione, di fabbricati esistenti, qualora non più funzionali all’attività agricola. La demolizione e ricostruzione non può interessare manufatti di valore storico-culturale. I nuovi fabbricati dovranno essere realizzati con tipologie, morfologie e scelte materiche e architettoniche tali da consentire un inserimento paesaggistico adeguato e migliorativo rispetto al contesto dell’intervento.

Il progetto di compendio agricolo neorurale è accompagnato da un progetto unitario convenzionato che preveda l’impegno a conservare immutate le destinazioni d’uso prescelte. Il compendio comporta l’obbligo di conservare indivisa la superficie del compendio per almeno venti anni.
Le superfici che hanno beneficiato di finanziamenti pubblici non possono essere adibite ad usi diversi da quello agricolo, per cinque anni, in riferimento ai finanziamenti europei legati alle politiche agricole comunitarie (PAC) e ai piani di sviluppo rurale (PSR). Sono altresì vietati sulle stesse aree, per la medesima durata, gli interventi di trasformazione urbanistica, nonché quelli di trasformazione edilizia non funzionali all’attività agricola, ad eccezione della realizzazione di opere pubbliche. Tale vincolo dovrà essere richiamato negli atti di trasferimento della proprietà. Sono previste sanzioni in caso di violazione di tale divieto.

La proposta di legge prevede, inoltre, una serie di misure agevolative ed incentivanti per i Comuni che adeguano la propria disciplina urbanistica ai dettami della normativa in questione.

Il provvedimento passa ora all’esame del Senato .

In Commissione e in Aula

Le settimane appena trascorse sono state impegnative ed intense. Ho depositato in aula una interpellanza urgente (sottoscritta da numerosi colleghi, tra cui tutti i parlamentari marchigiani) relativa alla complessa situazione del gruppo cementifero Sacci per sollecitare la pronta convocazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico di un tavolo operativo con le parti sociali ed il gruppo Cementir- nuovo proprietario dell’azienda- per conoscere il contenuto del piano industriale dei nuovi proprietari e tutelare i lavoratori di tutti i complessi produttivi coinvolti, tra cui quelli dello stabilimento di Castelraimondo (vedi testo)

Ho svolto in aula due “question time” rivolti al Presidente del Consiglio e al Ministro dei Beni culturali in merito al processo di riorganizzazione delle Sovrintendenze e in merito al Piano di finanziamento per la Cultura, il turismo e la ricerca varato dal Governo lo scorso 1 maggio con lo stanziamento di circa 3,5 miliardi di Euro a sostegno dell’intero settore.

Ho inoltre presentato in Commissione una specifica interrogazione diretta ad evidenziare la grave situazione relativa all’organico scolastico delle Marche prodottasi a seguito delle decisioni assunte dall’Ufficio scolastico regionale. Decisioni che stanno concretamente penalizzando la provincia di Macerata e che, più in generale, rischiano di compromettere l’efficace attuazione delle disposizioni relative all’organico dell’autonomia previsto nella legge 107 del 2015 (vedi testo) .

Ma quello appena trascorso è stato anche un mese di incontri ed iniziative.
Con il Vice Ministro delle Infrastrutture Riccardo Nencini ed il Sindaco Carancini per il progetto di Via Mattei- La Pieve, sul quale sono stati espressi un impegno concreto ed una tempistica chiara circa le modalità di intervento.
Con il Sindaco del Comune di Recanati per la predisposizione della candidatura di Recanati a Capitale italiana della Cultura 2018, opportunità straordinaria per l’intera regione.

Con Giorgio Ligliani, Presidente della Cna provinciale, per analizzare insieme le difficoltà delle imprese artigiane.
Con Aldo Grassini e tutto lo staff del Museo Omero, in occasione della visita in regione del collega di Commissione Roberto Rampi, per favorire una ancor più diretta conoscenza di una realtà museale rivolta alla piena accessibilità della cultura.

E un mese di belle iniziative. Come l’intitolazione dell’Auditorium dell’Istituto di Istruzione Superiore Nardi di Porto San Giorgio alla memoria del piccolo Aylan Kurdi contro l’intolleranza l’indifferenza. O la cerimonia per i 110 anni della cooperativa Villa Fastiggi di Pesaro insieme al Ministro Maurizio Martina.

O la bella iniziativa “Cultura è democrazia” promossa dai Giovani Democratici della provincia dedicata al cinema e allo spettacolo dal vivo, alla luce dei disegni di legge attualmente all’esame del Senato, con numerosi rappresentanti del mondo culturale regionale. O, ancora, il convegno promosso dall’Università di Macerata “Verso Crea Hub” dedicato al tema delle industrie creative e delle start up innovative, oggetto della proposta di legge di cui sono relatrice in Commissione. Temi su cui l’Ateneo maceratese può vantare competenza e lungimiranza con il sostegno a giovani realtà imprenditoriali che stanno muovendo i primi passi nel settore culturale e creativo.

Senza dimenticare le tante iniziative promosse in queste settimane per celebrare il settantesimo anniversario referendum costituzionale e le straordinarie ragazze del ’46 che il 2 giugno votarono per la prima volta. Proprio a loro è dedicata la bella mostra inaugurata pochi giorni fa alla Camera dei Deputati che vi consiglio di visitare ( foto), bella rappresentazione di quel lungo cammino verso l’emancipazione femminile iniziato ben prima del riconoscimento del diritto di voto e, per molti aspetti, ancora in corso.