Newsletter n° 31 del 12 Ottobre 2016

Una riforma che, nel concreto, mira ad irrobustire la democrazia, superando il bicameralismo paritario a favore di due Camere dotate di funzioni specifiche, definendo meglio il ruolo delle Regioni e valorizzando i Comuni ( parte del nuovo Senato), dando più voce ai cittadini con le leggi di iniziativa popolare ed il referendum. Non è la riforma perfetta, ma è il segno di un cambiamento possibile da parte delle stesse istituzioni. Una opportunità che penso vale la pena di cogliere.

(QUI LE MOTIVAZIONI DEL MIO SI).

Lotta al Cyberbullismo

La Camera dei Deputati ha approvato in seconda lettura la proposta di legge che reca disposizioni per il contrasto e la prevenzione dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo.

Il provvedimento torna al Senato. Si tratta di un testo di legge che ha avuto un percorso lungo ed articolato, frutto di una approfondita condivisione con un tavolo tecnico composto dalle associazioni che si occupano di tutela dei minori e delle vittime vulnerabili e dai rappresentanti delle maggiori piattaforme di social network e della rete che permette di arrivare ad un testo completo, che rappresenta il primo tentativo compiuto dal legislatore per dare uno strumento di tutela a chi è vittima di comportamenti vessatori e di emarginazione compiuti anche attraverso un suo distorto e violento della rete , che invece deve poter continuare a rimanere uno spazio di libertà, rispetto e conoscenza.

Per una triste coincidenza ( essendo il provvedimento già calendarizzato in aula da settimane) ci siamo trovati a disciplinare una materia non semplice in concomitanza con avvenimenti tragici, come il suicidio di una giovane donna di Napoli a causa di un video diventato virale e la vicenda che ha visto protagonista una ragazza di Rimini, violentata e ripresa dalle sue stesse compagne, il cui video è finito online. Ci troviamo di fronte a vicende umane gravissime, purtroppo non nuove ma che si stanno succedendo con frequenza. Va dunque, anche alla luce della crudezza di questa realtà, preso atto dello spostarsi della dinamica tipica del bullismo dal piano delle relazioni reali alla dimensione virtuale: il cyberbullismo è un’evoluzione relativamente recente del bullismo, favorita dalla crescita esponenziale, anche fra i giovanissimi, dell’utilizzo di dispositivi che consentono in ogni momento un facile accesso alla rete internet e ai social network.
In rete il bullo trova nuovi strumenti utili al suo scopo: sms, mail, chat, blog, applicazioni di messaggistica istantanea divengono altrettanti mezzi per aggredire la sua vittima, direttamente o diffondendo in rete immagini, video e informazioni private che la riguardano, allo scopo di violarne l’intimità, denigrarla, esporla alla derisione. Ed è proprio pensando ai casi più gravi che, rispetto alla proposta di legge licenziata dal Senato, di cui peraltro abbiamo mantenuto l’impianto relativo all’attività di prevenzione, nella discussione alla Camera, abbiamo voluto rafforzare l’efficacia di alcune norme, prevedendo in maniera più specifica la circostanza aggravante, già prevista dall’art. 612 bis in materia di atti persecutori. Grazie al lavoro delle Commissioni Giustizia e Affari Sociali della Camera il testo ha subito alcune modifiche che ne consolidano l’efficacia. Le norme riguarderanno, infatti tutte le condotte di bullismo e di cyberbullismo, e non saranno solo i minorenni bensì tutte le vittime di cyberbullismo a poter ottenere l’oscuramento o la rimozione dei contenuti online che le feriscono. E’ evidente infatti che, a fronte di giovani adulti che perseguitati da atti di bullismo via internet arrivano a togliersi la vita, parlare solo di prevenzione, che pure rimane centrale nel testo, è insufficiente. Questa legge introduce finalmente elementari regole di civiltà e trasparenza, pone in atto strumenti a tutela e protezione di chi è vittima della gogna mediatica, ma soprattutto mette al primo posto il ruolo determinante della prevenzione attraverso l’educazione a un uso consapevole e responsabile della rete, richiamando alle proprie responsabilità anche gli operatori che forniscono servizi di social networking.

La proposta, oltre a tipizzare le condotte di bullismo e cyberbullismo, prevede l’ammonimento del questore, sia per gli atti di bullismo che per il cyberbullismo puniti a querela.
La disciplina è mutuata da quella, ormai già collaudata, dello stalking (art. 612- bis c.p.) e risulta finalizzata sia ad evitare il ricorso alla sanzione penale che a rendere l’autore consapevole del disvalore del proprio atto. Se l’ammonito è minorenne, il questore convoca con l’interessato almeno un genitore (o altro esercente la potestà genitoriale): la specifica finalità di questa misura è quella di far percepire ai nostri ragazzi, soprattutto ai minori, un concetto concreto e reale: l’obbligo del rispetto della legalità, la responsabilità verso la propria vita e verso quella degli altri, in un’ottica, dunque, prettamente preventiva.

Nella stessa ottica l’ articolo 6-bis novella l’art. 240 c.p. prevedendo la confisca obbligatoria dei beni e degli strumenti informatici e telematici utilizzati per la commissione del reato.
Infine l’articolo 6-bis rappresenta la novità rispetto al testo approvato dal Senato, perché riscrive, nell’articolo 612-bis del codice penale, la circostanza attualmente vigente relativa agli atti persecutori commessi mediate strumenti informatici o telematici. Si prevede, infatti, una pena individuata in via autonoma da un anno a sei anni e delle condotte specifiche (sostituzione della propria all’altrui persona e l’invio di messaggi o la divulgazione di testi o immagini, ovvero mediante la diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private, carpiti attraverso artifici, raggiri o minacce o comunque detenuti, o ancora mediante la realizzazione o divulgazione di documenti contenenti la registrazione di fatti di violenza o di minaccia) che poi sono quelle più insidiose e pericolose, e che purtroppo si stanno verificando sempre più spesso nei casi di cronaca.
Attualmente lo stalking commesso per via informatica o telematica è sanzionato infatti con un aumento di pena fino a un terzo.
La legge si preoccupa invece i di declinare in maniera puntuale le condotte con cui il bullismo ed il cyber bullismo si manifestano, fornendo all’autorità giudiziaria, chiamata ad intervenire nei casi più gravi, in un quadro certo di riferimento, strumenti per agire in maniera efficace, poiché è vero che nella realtà giudiziaria, con riguardo all’art. 612-bis, vi sono state delle obiettive difficoltà nel “provare” innanzi al giudice i danni derivanti da condotte violente commesse in rete, collegate in particolare ai fatti descritti.

Appaiono dunque francamente incomprensibili le polemiche sollevate in questi giorni da chi ci accusa di aver stravolto l’ispirazione della legge ravvisandoci una minaccia alla libertà di espressione nel web o addirittura una volontà di censura. Internet è una straordinaria e positiva risorsa, ma può trasformarsi anche in uno strumento pericoloso se usata fuori da ogni regola.
Per approfondimenti (CLICCA QUI).

Sostegno ai piccoli Comuni

La Camera ha approvato all’unanimità, in prima lettura, la proposta di legge per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni ( provvedimento per il quale sono stata anch’io relatrice in Commissione Cultura). Un provvedimento che promuove e sostiene il sostenibile sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei piccoli comuni, promuove l’equilibrio demografico del Paese, favorendo la residenza in tali comuni, e tutela e valorizza il loro patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico. A tal fine, si incentiva la costruzione di progetti di sviluppo locale in favore dei residenti e delle attività produttive, con particolare riferimento al sistema dei servizi essenziali, allo scopo di contrastare lo spopolamento e di incentivare l’afflusso turistico. Il provvedimento, che stanzia complessivi 100 milioni di euro per il periodo 2017-2013, rappresenta un’opportunità per il Paese, per ridefinire le vocazioni di questi territori e delle relative comunità, coniugando storia, cultura e saperi tradizionali con l’innovazione, le nuove tecnologie e la green economy. La scommessa è avviare in questi territori un diverso modello di sviluppo.

I nostri 5.585 Piccoli Comuni amministrano più della metà del territorio nazionale, in essi vivono oltre 10 milioni di italiani. Non sono un’eredità del passato, ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità, le nostre qualità e proiettarle nel futuro. Un’idea ambiziosa di Italia passa anche dalla giusta valorizzazione di territori, comunità e talenti.

Tra le misure principali:

– diffusione della banda larga e misure di sostegno per l’artigianato digitale;
– semplificazione per il recupero dei centri storici in abbandono o a rischio spopolamento anche per la loro conversione in alberghi diffusi;
– interventi di manutenzione del territorio con priorità per la tutela dell’ambiente e la prevenzione del rischio idrogeologico;
– messa in sicurezza di strade e scuole e interventi di efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico;
– acquisizione e riqualificazione di terreni e edifici in abbandono;
– possibilità di acquisire case cantoniere da rendere disponibili per attività di protezione civile, volontariato, promozione dei prodotti tipici locali e turismo;
– realizzazione di itinerari turistico-culturali ed enogastronomici e di mobilità dolce;
– possibilità di acquisire di binari dismessi e non recuperabili all’esercizio ferroviario, da utilizzare come piste ciclabili;.
– dotazione dei servizi più razionale ed efficiente, possibilità per i centri in cui non ci sono uffici postali di pagare bollette e conti correnti presso gli esercizi commerciali;
– facoltà di istituire, anche in forma associata, centri multifunzionali per la fornitura di una pluralità di servizi, in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica, postale, artigianale, turistica, commerciale, di comunicazione e sicurezza, nonché per attività di volontariato e culturali;
– interventi in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive insediate nei piccoli comuni;
– promozione delle produzioni agroalimentari a filiera corta e del loro utilizzo anche nella ristorazione collettiva pubblica.

Per le aree oggi in condizioni di maggior difficoltà è previsto uno specifico stanziamento di 100 milioni per il periodo che va dal 2017 al 2023.

Testo unico sul vino

La Camera ha approvato, con voto unanime – riunisce in un unico testo le numerose disposizioni nazionali riguardanti la produzione e la commercializzazione dei vini.

Il provvedimento risponde alle esigenze di alleggerimento burocratico, riduzione degli adempimenti per i produttori, adeguamento dei processi di produzione enologici agli standard europei e prevede il riconoscimento del vitigno autoctono nazionale e del patrimonio nazionale del vino. Uno strumento fondamentale per rafforzare la filiera vitivinicola nazionale e tutelare la straordinaria qualità del prodotto italiano. Un passo in avanti importante a supporto di un comparto che è uno dei fiori all’occhiello del nostro agroalimentare così da consentire un aumento della competitività delle aziende italiane puntando al superamento del valore record del 2015, 5,4 miliardi di euro. L’obiettivo è 6,5 miliardi di euro per il 2017
Il Titolo I reca disposizioni a tutela del vino e della vite come patrimonio ambientale, culturale, gastronomico e paesaggistico dell’Italia. Il provvedimento disciplina la produzione, la commercializzazione, l’indicazione delle denominazioni di origine, geografiche e le menzioni tradizionali, l’etichettatura, la gestione, i controlli e il sistema sanzionatorio dei prodotti vitivinicoli anche aromatizzati e degli aceti.

Nell’ambito delle disposizioni sulla produzione e la commercializzazione dei vini (Titolo II) si stabilisce:

– per la viticoltura e il potenziale produttivo, si introducono specifiche norme sugli impianti.
– per la produzione e le pratiche enologiche si prevedono semplificazioni per le comunicazioni da effettuare all’ufficio territoriale del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari – ICQRF in merito alla planimetria dei locali in cui si articolano gli stabilimenti enologici.
– Per la commercializzazione, si dettano norme in merito ai requisiti che devono possedere i mosti ed i vini detenuti negli stabilimenti ai fini della loro commercializzazione.

Le disposizioni per la Tutela delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali (Titolo III) riguardano in particolare:

– la classificazione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche, ambito di applicazione e ambiti territoriali
– La procedura per il conferimento della protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche
– La rivendicazione e la gestione delle produzioni prevedendo per i vini DOP che, in annate climaticamente favorevoli, le regioni possano destinare l’esubero massimo di resa del 20% a riserva vendemmiale.
– La composizione e le funzioni del Comitato nazionale dei vini DOP e IGP. Durante l’esame in Commissione è stato previsto che l’incarico di membro del Comitato è incompatibile con incarichi dirigenziali e professionali svolti presso organismi di certificazione o altre organizzazioni aventi analoghe competenze.

Il Titolo IV riguarda Etichettatura, presentazione e pubblicità. L’art. 43, interamente sostituito durante l’esame in Commissione, disciplina l’utilizzo delle denominazioni geografiche, delle menzioni tradizionali e delle altre indicazioni riservate ai prodotti vitivinicoli DOP e IGP, prevedendo il divieto di riportare il riferimento ad una zona geografica di qualsiasi entità per i vini senza DOP o IGP, salvo il caso in cui siano inclusi in nomi veritieri propri, ragioni sociali o indirizzi di ditte. Per il dossier (CLICCA QUI).

Spigolature costituzionali

Continua, anche questo mese, la rubrica dedicata al contenuto del progetto di riforma costituzionale, dedicata a due temi: la decretazione d’urgenza ed il voto a data certa, l’abolizione di CNEL e Province.
Partiamo dal primo. Tra gli obiettivi della riforma costituzionale c’è il riordino del procedimento legislativo, per renderlo più snello e razionale. Di particolare rilievo è la fissazione in Costituzione dei limiti e dei vicoli per il ricorso alla decretazione d’urgenza, oggi disciplinati solo da legge ordinaria (e quindi di rango inferiore alla Carta). La decretazione d’urgenza ha conosciuto negli anni un’esplosione dovuta alla paralisi del procedimento legislativo ordinario: non riuscendo ad approvare una legge in tempi ragionevoli si è fatto un ricorso progressivo e patologico ai decreti, deformando non solo il procedimento legislativo ma lo stesso equilibrio tra Governo e Parlamento. Tutto questo è avvenuto a Costituzione vigente, con un frequente intervento correttivo esercitato dalla Corte Costituzionale. Con la riforma si rafforzano allora i limiti e i vincoli, individuati negli anni dalla Corte Costituzionale, mettendoli nella stessa Costituzione. Si prova cioè a irrobustire la diga, passando dalla semplice disciplina di legge al vincolo costituzionale. È un fatto positivo ma da solo non basta: se non si costruisce contemporaneamente una strada più snella ed efficace per il procedimento legislativo si rischia infatti la paralisi.

Ecco quindi la seconda novità: la riforma introduce contestualmente il “voto a data certa”: il Governo può chiedere al Parlamento di approvare in termini relativamente rapidi e certi un disegno di legge che ritiene essenziale per il suo programma (su cui ha chiesto la fiducia nel momento dell’insediamento). La Camera ha 5 giorni per “accettare” – cioè per valutare la coerenza della proposta – e se lo fa, assume l’obbligo di approvare (o respingere) la legge entro 70 giorni. Con più forti vincoli alla decretazione e l’introduzione del voto a data certa si prova a superare l’anomalia dentro cui viviamo: l’impossibilità di fare leggi in tempi ragionevoli e il ricorso abnorme alla decretazione d’urgenza. Il Governo torna a fare il Governo (avanza cioè proposte coerenti col proprio programma e non approva leggi) e il Parlamento torna a fare il Parlamento (approva leggi che riconosce coerenti col programma su cui ha votato la fiducia e non rincorre decreti).

Veniamo, quindi, al secondo punto. La riforma costituzionale abroga l’art. 99 della Carta, cancellando così il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel). Concepito dai costituenti come luogo di rappresentanza ed espressione delle forze sociali – si era ragionato che il Senato stesso potesse avere questa natura e funzione, ma la posizione era minoritaria e si arrivò a questo compromesso – il Cnel fu concepito come “organo di consulenza delle Camere e del Governo”. Composto di esperti e rappresentanti delle categorie produttive, nonché dotato di inziativa legislativa, doveva contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale. Si tratta di funzioni che, in realtà, non ha mai svolto in modo efficace dal momento della sua effettiva istituzione (1958) e già da alcuni anni è stato progressivamente svuotato nella struttura e nelle risorse.
La riforma costituzionale abolisce poi le Province, a partire dalla sua soppressione dall’elenco degli “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni” elencati dall’art. 114 della Costituzione (restano quindi, nel nuovo testo, i Comuni, le Città metropolitane e le Regioni).
Il dibattito sulla soppressione delle Province tiene banco da sempre nel nostro Paese, in particolare dagli anni ’70 con l’istituzione delle Regioni. Il modo in cui si è concretamente proceduto al loro superamento però, a partire dal Governo Monti (per decreto!) non è certo stato positivo: né sul piano della linearità del percorso (bisognava appunto partire dalla testa, dalla Costituzione) né su quello del progetto di riordino territoriale (a partire dalla riassegnazione delle funzioni e, a scendere, del personale, ecc.). Non a caso la riforma di Monti è stata giudicata parzialmente incostituzionale dalla Consulta e sul riordino della materia hanno dovuto tornare sia il Governo Letta che quello Renzi. Comunque la si pensi, sulle Province e il loro destino, non c’è dubbio che ora, con la riforma, si rimette in ordine almeno l’impianto, abolendole direttamente in Costituzione. Si tratta dunque di soppressioni, quella di Cnel e Province, nei fatti già avviate attraverso legislazione ordinaria e scelte di bilancio statale degli ultimi anni, ma che ora trovano una giusta sanzione nella Carta quale premessa necessaria di legittimità e coerenza per completare il processo amministrativo.

Lo sapevate?

Dal mese di ottobre è attivo il bonus cultura di 500 euro per destinato ai diciottenni. Ho scritto una lettera ai Sindaci della provincia di Macerata, ai dirigenti scolastici degli Istituti superiori, ai soggetti dello spettacolo dal vivo regionali, alle associazioni di categoria regionali e provinciali, per sensibilizzarli su questa opportunità diretta a sostenere i consumi culturali. Per scoprire come funziona potete visitare www.18app.italia.it

In Parlamento

La ripresa dei lavori d’aula ha portato con se’ anche l’inizio di un lavoro lungo ed approfondito sui temi della ricostruzione successiva al sisma e ai tanti problemi, legati al terremoto, che il nostro territorio sta affrontando. Proprio su questi temi, insieme ai colleghi delle altre regioni coinvolte, abbiamo presentato una specifica mozione, approvata dall’Aula, diretta ad impegnare il Governo per la ricostruzione degli edifici pubblici e delle abitazioni, il totale risarcimento dei danni, sostegno alle imprese, destinando a tal fine anche i 47 milioni di euro, frutto dei risparmi effettuati in questi anni dalla Camera e restituiti allo Stato.

In Commissione Cultura ho inoltre discusso una specifica interrogazione, rivolta al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali per un pieno recupero dei beni culturali colpiti dal sisma, al centro di numerose segnalazioni da parte degli amministratori locali della nostra regione, da realizzarsi attraverso un pieno coordinamento tra le strutture ministeriali centrali, quelle periferiche, le regioni e gli enti locali, riducendo l’eccesso di burocrazia che, in questo momento, potrebbe impedire interventi tempestivi, rispondendo con urgenza alle numerose segnalazioni che provengono dai territori colpiti per procedere alla ricognizione e alla messa in sicurezza dei beni danneggiati così da evitare che, con il prosieguo delle scosse sismiche, si producano danni ancora maggiori (LEGGI L’ARTICOLO) .

Prosegue il lavoro sulla proposta di legge sulle start up culturali ,attraverso una significativa e sostanziale modifica del testo originario operata tenendo conto delle osservazioni al testo emerse nel corso delle audizioni compiute in commissioni. In questo percorso, ci sono stati due appuntamenti molto significativi: il primo, a Perugia, insieme al Ministro Franceschini, alla festa della cultura del Pd. E il secondo, compiuto insieme ai colleghi della commissione Cultura, a Mantova con le audizioni tematiche compiute, al teatro Bibbiena, durante “ArtLab16. Territori, cultura, innovazione”, manifestazione promossa dalla Fondazione Fitzcarraldo. Audizioni a cui hanno preso parte fondazioni, istituti di credito e finanziari, operatori del settore, la Presidente della Commissione cultura del parlamento Europeo , Silvia Costa, ed Erminia Scicchitano, policy Officer della commissione Cultura e istruzione della commissione europea, con cui per più di tre ore si è discusso del testo della proposta di legge dedicata al tema delle industrie culturali e creative, in un confronto realmente partecipato, una prova autentica di “democrazia in corso” tra istituzioni e cittadini.

Tra le tante cose avvenute in aula voglio segnalare le dimissioni della collega Ilaria Capua. Ilaria, già Vice Presidente della Commissione Cultura della Camera, è stata al centro di un’inchiesta, da cui è stata integralmente prosciolta, che ha pesantemente stravolto la sua vita e che è alla base della decisione formalizzata ieri con le dimissioni. (LEGGI L’ARTICOLO)

C’è un motivo però per cui voglio segnalare questo avvenimento, per offrire un’occasione di riflessione generale su una questione. Nel salutare Ilaria non ho potuto fare a meno di pensare ai titoli diffamatori sparati da alcuni giornali a proposito di un’inchiesta che era in una fase ancora iniziale, brani di intercettazioni pubblicate in un contesto completamento diverso da quello in cui quelle conversazioni erano state pronunciate, fino al violento attacco personale diretto nei suoi confronti da alcuni colleghi del Movimento Cinque Stelle che chiedevano le sue dimissioni dalla commissione in base all’elementare teorema secondo cui l’apertura di un’indagine equivale ad una condanna definitiva. Sono stati numerosi e belli gli interventi pronunciati prima del voto delle dimissioni (perché le dimissioni di un deputato vanno votate e non sono automatiche). Avrei voluto sentire anche l’intervento di qualcuno dei componenti del Movimento Cinque Stelle in Commissione Cultura, gli stessi che, nei giorni del clamore mediatico legato all’inchiesta, l’aveva violentemente attaccata. Avrei voluto sentire un intervento di scuse per la violenza verbale, per il giustizialismo senza dubbi che li anima, per il dolore causato. Chiedere scusa, anche se in ritardo, è’ segno di maturità, umana prima ancora che politica. E invece, prigionieri di se stessi, hanno scelto il silenzio, molto più comodo e semplice.

Fino a qui ho riportato i fatti, a cui voglio aggiungere una considerazione ulteriore. L’onorabilità è’ per ognuno di noi e ancor più per chi fa politica uno dei beni più preziosi, niente potrà ripagare Ilaria (come molte altre persone) delle offese gratuite subite, delle diffamazioni ricevute e proprio per questo penso che sia necessario per tutti ( stampa, magistratura, istituzioni e cittadini) un serio e condiviso momento di riflessione, partendo proprio da questa vicenda perché si provi a tornare indietro rispetto ad un clima non degno di una Repubblica democratica e garantista.