Newsletter n°34 del 21 Marzo 2017

Editoriale

Siamo reduci da un mese convulso e difficile per il Partito Democratico, segnato dall’uscita di amici con cui in questi anni ho condiviso una parte del mio percorso politico. Sono decisioni che rispetto ma che non riesco a condividere per come ho vissuto in questi anni all’interno del Pd. Perché un Partito Democratico diviso è un partito più debole (come giustamente  ha ricordato Walter Veltroni nell’assemblea nazionale del 19 febbraio scorso) GUARDA VIDEO, capace di consegnare grandi chances di vittoria ai movimenti populisti, con l’assunzione di una seria responsabilità da parte di chi si rende protagonista di ciò.

Perché continuo a pensare che ci sia ancora spazio e voce per condurre battaglie politiche all’interno del mio partito, come si è fatto in questi anni dentro e fuori le aule parlamentari. Battaglie che un congresso – come quello che sta per aprirsi e si concluderà il 30 aprile con la scelta del futuro segretario- avrebbe potuto rilanciare, come giustamente un congresso deve fare rilanciando su temi importanti che riguardano il futuro del nostro Paese e del nostro partito ( e su questo vi invito a leggere l’intervista del Ministro Maurizio Martina di qualche settimana fa) LEGGI ARTICOLO.

Nello stesso giorno in cui a Roma, all’Assemblea nazionale del Partito Democratico, si consumava una traumatica rottura, mi è capitato di entrare nel circolo PD di Civitanova Marche per prendere parte all’assemblea regionale dei Giovani Democratici. E quasi per un segno del destino ho trovato questo ad accogliermi all’ingresso.

Quel manifesto ideale che ancora oggi ha forza e valore e continua a ricordarci perché il Partito Democratico non può limitarsi ad essere una versione nostalgica dei Democratici di Sinistra o dei Popolari ma qualcosa capace di andare oltre entrambi e non potersi confinare in una sola delle due forze di appartenenza. Un partito di eredi e non di reduci, ha detto qualcuno.  Un centrosinistra senza il trattino direi io, capace di interpretare una società profondamente mutata rispetto al Novecento e di offrire delle risposte che non si rinchiudono nell’identità ma provano a rilanciare il cambiamento.  Penso che è questa la sfida che riguarda ognuno di noi, per portare a compimento quel processo fondativo iniziato dieci anni fa e non ancora compiuto.

Per questo nei giorni scorsi ho voluto condividere alcune riflessioni  sul congresso che ci attende motivando il mio sostegno a favore di Matteo Renzi. LEGGI ARTICOLO

Approvata la legge per il contrasto alla povertà, diretta a favorire l’inclusione sociale e a contrastare l’emarginazione.

I destinatari del ddl sono i soggetti più deboli della società, i minori, le famiglie con disabili gravi, i minori a carico di donne in stato di gravidanza, persone oltre i 55 anni senza lavoro e senza ammortizzatori sociali. E veicola un concetto fondamentale per  una crescita sana della  società. La battaglia contro la povertà è anche innanzitutto la battaglia per il futuro di chi oggi è ancora giovane.  E proprio questa è stata la premessa nell’accogliere nel ddl le indicazioni  ricevute durante l’indagine sulla povertà minorile svolta dalla commssione bicamerale sull’Infanzia e Adolescenza .Il provvedimento delinea una misura universale di contrasto alla povertà, denominata Reddito di inclusione (Rei): si tratta di una misura di reddito minimo assegnata ai nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta, ovvero quelle famiglie che non sono in grado di acquistare quel minimo di beni necessari a condurre una vita dignitosa. Si compone di un trasferimento economico subordinato all’accettazione da parte dei destinatari di un progetto personalizzato che deve prevedere alcuni obblighi (ricerca impiego, formazione, frequenza scolastica per i minori).

Non solo la novità del reddito di inclusione, dunque, ma una riforma organica e strutturale del sistema delle politiche sociali che risponde a principi di equità, di efficacia nell’accesso e nell’erogazione delle prestazioni. Si tratta di uno strumento universale, operante su tutto il territorio nazionale e permanente nel tempo, le cui risorse vengono dal Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, che ha già messo in campo uno stanziamento di 600 milioni per il 2016, e un miliardo a partire dal 2017 e che prevede la possibilità di incremento attraverso stanziamenti da altri provvedimenti di legge fino a coprire interamente la platea in condizione di povertà assoluta, cioè di coloro che non possono disporre dell’insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso.

Un approccio che tiene conto della persona, vista non solo nella sua condizione economica, ma con una valutazione multidisciplinare del bisogno. I progetti di attivazione e di inclusione sociale divengono, così, personalizzati per il nucleo familiare e predisposti da una equipe costituita dagli ambiti sociali territoriali, più vicini al soggetto coinvolto, con la partecipazione anche degli altri servizi interessati. Per farlo è necessario un cambiamento nel funzionamento del sistema dei servizi sociali, con un maggiore  impegno in termini di controllo, di presa in carico, di monitoraggio e valutazione, nonché di capacità di relazione tra i Comuni e gli altri enti del territorio.  Il provvedimento prevede anche il riordino delle prestazioni di natura assistenziale finalizzate al contrasto della povertà, il rafforzamento delle forme di gestione associate ai servizi sociali e l’istituzione di un coordinamento per garantire su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni.

Solo con questa visione globale e riformatrice, capace di mettere al centro i bisogni delle persone e dei nuclei familiari, si possono rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini ed eliminare la condizione di povertà, secondo quanto previsto dalla nostra Costituzione e nel rispetto dei principi della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea.

Molto ancora resta da fare, ma è  un passo decisamente importante per restituire dignità a chi vive in condizione di fragilità. Ma intanto riusciamo a mettere in campo misure concrete, sostenibili ed efficaci perché rivolte a chi ha davvero bisogno, senza demagogia.

Queste le principali differenze con la proposta di legge del Movimento Cinque Stelle: impropriamente definita “Reddito di cittadinanza”, è in realtà una proposta di legge di reddito minimo, simile nel funzionamento all’impianto del nostro Reddito di inclusione. Differisce profondamente per la soglia di reddito al di sotto della quale è concessa la misura e per l’entità del trasferimento, essendo individuata a contrasto non della povertà assoluta, ma del rischio di povertà. Tale scelta non è condivisibile, non tanto per la necessità di uno stanziamento ingente di risorse, ma perché incline a far scattare la c.d.“trappola della povertà”, vale a dire la maggior convenienza per le persone a ricevere il sussidio (come detto molto alto nella proposta del Movimento Cinque Stelle, anche per effetto di moltiplicatori che sovrastimano la presenza di più componenti nel nucleo familiare) piuttosto che attivarsi alla ricerca di un lavoro.

LE DIFFERENZE TRA REDDITO MINIMO E REDDITO DI CITTADINANZA :   

Reddito minimo: è una prestazione monetaria erogata solo ai bisognosi, sulla base di una prova dei mezzi. L’importo è differenziato a seconda delle risorse dell’individuo, per il raggiungimento di un reddito “soglia” che deve essere garantito a tutti. Spetta dunque solo a coloro che si trovano sotto questa soglia. Il reddito minimo d’inserimento è uguale al reddito minimo ma prevede in più che sia condizionato all’accettazione di progetti di inserimento socio-lavorativo per i beneficiari (è il caso del nostro Reddito di Inclusione). In varie forme e declinazioni, è presente da anni in tutti i paesi europei tranne Italia e Grecia. Da oggi anche in Italia (in Grecia è in via di approvazione).

Reddito di cittadinanza: è un reddito di base elargito dalla comunità a tutti i suoi membri su base individuale, senza prova dei mezzi o richiesta di lavoro. L’importo è uguale per tutti, a prescindere dal reddito.  Non esistono esempi concreti di applicazione in nessun paese del mondo (tranne un esempio limitato in Alaska e una sperimentazione molto limitata in Finlandia

LEGGI LA LEGGE  DELEGA

Lavoro autonomo

La Camera ha approvato, in seconda lettura, il disegno di legge del Governo “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. Nell’arco di questa legislatura, è stata dedicata una specifica attenzione ai temi del lavoro e, in particolare, ai bisogni e alle istanze di un universo complesso e troppo spesso trascurato, quale quello del lavoro autonomo. Tra le iniziative legislative adottate, il relatore Cesare Damiano (Pd) ha ricordato in primo luogo l’impegno costante a congelare l’incremento dell’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori con partita IVA iscritti alla gestione separata dell’INPS, che avrebbe dovuto raggiungere, a regime, il 33% in attuazione della Legge Fornero. L’impegno del Parlamento e del Governo, con la legge di bilancio 2017, ha invece stabilizzato l’aliquota al 25 per cento, un dato molto importante per questi lavoratori e a lungo richiesto. Sempre nell’ambito delle ultime manovre di bilancio, novità di rilievo sono venute anche con le misure relative al cosiddetto regime dei minimi e al progressivo superamento degli studi di settore. Per altro verso, non si possono dimenticare gli sforzi compiuti per la proroga dell’indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi, la Dis-Coll, istituita in via sperimentale in attuazione della delega relativa al cosiddetto Jobs Act, che sarà stabilizzata ed estesa agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca al momento dell’approvazione definitiva di questo disegno di legge. A completamento di questi interventi, arriva quindi il disegno di legge approvato, un vero e proprio Statuto del Lavoro autonomo.

Il provvedimento, già esaminato dal Senato, si compone di due insiemi di norme complementari volte, da un lato, ad introdurre un sistema di interventi che assicuri un complessivo rafforzamento delle tutele sul piano economico e sociale per i lavoratori autonomi e, dall’altro, a sviluppare, all’interno dei rapporti di lavoro subordinato, modalità flessibili di esecuzione delle prestazioni lavorative (cosiddetto lavoro agile o smart working), allo scopo di promuovere l’incremento della produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

L’art. 1 individua l’ambito applicativo delle disposizioni della prima parte del provvedimento, riferite ai rapporti nei quali il lavoratore si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, con l’esclusione degli imprenditori, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile (i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia).  Tra le tutele previste per tali lavoratori figurano: le garanzie contro i ritardi nei pagamenti dei corrispettivi(art. 2);  

l’impossibilità per il committente di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere senza congruo preavviso, nonché imporre clausole con le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla richiesta di pagamento, o ancora il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta (art. 3)

il riconoscimento al lavoratore autonomo del diritto di utilizzazione economica relativa ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto, salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata (art. 4).

L’art. 6 reca un’altra delega finalizzata al rafforzamento delle prestazioni di sicurezza e di protezione sociale dei professionisti iscritti a ordini e a collegi, a valere sulle risorse di detti enti e finanziati da apposita contribuzione aggiuntiva, per coloro che abbiano subito una significativa riduzione del reddito professionale per ragioni non dipendenti dalla loro volontà o che siano stati colpiti da gravi patologie. Nel corso di esame presso la XI Commissione è stata introdotta un’ulteriore delega finalizzata a incrementare le prestazioni a favore degli iscritti alla gestione separata INPS, finanziate da un incremento delle quote contributive, in materia di maternità e malattia. Con l’art. 6-bis, anch’esso introdotto dalla XI Comm., si determinano le condizioni per rendere strutturale la Dis-Coll, ovvero l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Con gli artt. 7 e 8 si dispongono una serie di misure di carattere fiscale, sociale e di deducibilità delle spese di formazione.

Mentre l’art. 9 reca disposizioni volte a favorire l’accesso dei lavoratori autonomi alle informazioni sul mercato e ai servizi di politica attiva del lavoro.

L’art. 10 delega il Governo al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori applicabili agli studi professionali e l’art. 11 reca una serie di misure per facilitare la partecipazione dei professionisti  alle gare e ai bandi indetti dalle pubbliche amministrazioni.
Gli artt. 12 e 13 prevedono rispettivamente l’eliminazione dell’obbligo di astensione dall’attività lavorativa per potere usufruire dell’indennità di maternità nel periodo di congedo obbligatorio e l’introduzione di ulteriori misure per la tutela della maternità, della malattia e dell’infortunio.

Le disposizioni del Capo II, disciplinano il lavoro agile (smart working), chiarendo in primo luogo che tale istituto non costituisce una nuova tipologia contrattuale, ma solo una particolare modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato, basata sulla flessibilità di orari e di sede e caratterizzata, principalmente, da una maggiore utilizzazione degli strumenti informatici e telematici e delle possibilità tecnologiche esistenti, nonché dall’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali (art. 15).

Le modalità di redazione dell’accordo relativo al lavoro agile, il suo contenuto nonché le modalità di formalizzazione del recesso sono regolate dall’art. 16, mentre l’art. 17 disciplina il trattamento economico e normativo del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, stabilendo che questi abbia diritto ad un trattamento non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Il successivo art. 18 disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori per l’individuazione delle condotte che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, mentre l’art. 19 dispone che il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore, consegnando annualmente al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza una informativa scritta che individua i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.

L’art. 20, infine, dispone, la comunicazione obbligatoria dell’accordo per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile e delle sue modificazioni al Centro per l’impiego territorialmente competente e il diritto del lavoratore alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti dai rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dell’azienda.

Riforma della Protezione Civile

L’aula della Camera ha finalmente approvato in via definitiva la legge delega di  riforma della Protezione Civile.

La delega approvata ha tra i suoi fondamentali obiettivi migliorare l’operatività del sistema nel suo complesso, esplicitare e rendere chiari compiti e responsabilità, organizzare e condividere misure di prevenzione concrete ed omogenee sul territorio nazionale, coinvolgere in maniera sistematica comunità scientifica e professioni. Si procede così a riordinare il quadro normativo di riferimento, semplificandolo e rendendolo più chiaro ed efficace, ricercando la maggior coerenza possibile tra gli strumenti nazionali e regionali, garantendo certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l’indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema della protezione civile, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa.

La delega dovrà essere esercitata entro il termine di 9 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’adozione di uno o più decreti legislativi di ricognizione, coordinamento, modifica e integrazione delle disposizioni legislative vigenti in materia di Servizio nazionale di protezione civile. I decreti legislativi dovranno provvedere al riordino e all’integrazione delle disposizioni normative vigenti nei seguenti ambiti:

  1. a) definizione delle attività di protezione civile, ovvero di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi naturali e antropici e di pianificazione e gestione delle emergenze, nonché inerenti all’attuazione coordinata delle misure da porre in essere per rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita nelle aree colpite;
  2. b) organizzazione di un sistema policentrico che operi a livello centrale, regionale e locale, e che preveda la possibilità di definire livelli di coordinamento intermedi tra la dimensione comunale e quella regionale;
  3. c) attribuzione delle funzioni in materia di protezione civile allo Stato, alle Regioni, ai Comuni, alle Unioni dei Comuni, alle Città metropolitane, agli enti di area vasta di cui alla legge 56/2014 ed alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale, distinguendo fra ruolo politico e gestione amministrativa, e differenziando le responsabilità, i compiti e i poteri autoritativi, per promuovere l’esercizio coordinato delle attività fra i diversi livelli di governo, secondo il principio di sussidiarietà e garantendo l’unitarietà dell’ordinamento; a tal fine il Presidente del Consiglio dei ministri, in qualità di autorità nazionale e titolare delle politiche di protezione civile, svolge la funzione di indirizzo e coordinamento, avvalendosi del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per assicurare l’unitaria rappresentanza nazionale in materia presso l’Unione europea e presso gli organismi internazionali e per coordinare l’esercizio delle funzioni attribuite ai sindaci, anche metropolitani, ai prefetti e ai presidenti delle Regioni, in qualità di autorità territoriali di protezione civile, nonché al Corpo nazionale dei vigili del fuoco che nell’immediatezza dell’evento calamitoso assume la responsabilità del soccorso tecnico urgente, anche ai fini del loro raccordo con le altre componenti e strutture operative per assicurarne il concorso solidale;
  1. d) partecipazione e responsabilità dei cittadini, singoli e associati, anche mediante le formazioni di natura professionale, alle attività di protezione civile, con riferimento alla pianificazione d’emergenza, alle esercitazioni, alla diffusione della conoscenza e della cultura di protezione civile allo scopo di promuovere la resilienza delle comunità anche attraverso la consapevolezza dei diritti e dei doveri, e l’adozione di misure di  autoprotezione, con particolare attenzione alle persone in condizioni di fragilità sociale e con disabilità, nonché di promuovere e sostenere le organizzazioni di volontariato operanti nello specifico settore, anche attraverso la formazione e l’addestramento dei volontari ad esse appartenenti, al fine di favorirne l’integrazione in tutte le attività di protezione civile;
  2. e) partecipazione e collaborazione delle università e degli enti ed istituti di ricerca alle attività di protezione civile, ai fini dell’integrazione in esse di conoscenze e prodotti di ricerca ed innovazione, frutto di iniziative promosse dall’Unione Europea e dalle istituzioni internazionali anche nel campo della ricerca per la difesa dai disastri naturali;
  3. f) disciplina dello stato di emergenza, garantendo tempi rapidi e omogenea valutazione delle condizioni dei territori ai fini della relativa dichiarazione, e previsione del potere di ordinanza in deroga a norme vigenti, assicurando il concorso solidale delle colonne mobili regionali e del volontariato e prevedendo modalità di impiego di personale qualificato proveniente da enti locali a supporto delle amministrazioni locali colpite.
  1. g) previsione di disposizioni che individuino, a regime, anche sulla base di apposite norme speciali, specifiche modalità di intervento del Servizio nazionale della protezione civile per consentire l’effettività delle relative misure e stabilirne l’efficacia limitata alla durata della situazione di emergenza stessa, in ragione della gravità dell’evento calamitoso, prevedendo trasparenti procedure di verifica successiva, inerenti: le procedure di acquisizione di servizi, forniture e lavori, sia singole fattispecie connesse con particolari esigenze, ivi comprese quelle riguardanti la gestione dei rifiuti, delle macerie, dei materiali vegetali, delle rocce e terre da scavo prodotte in condizioni di emergenza, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, sia infine in relazione alle indicazioni sulle modalità di reperimento delle forniture di beni di prima necessità, di servizi e di materiali necessari nelle diverse fasi dell’emergenza. Si dovranno prevedere meccanismi atti a favorire il coinvolgimento delle attività produttive di beni e servizi presenti sul territorio al fine di sostenere l’economia delle aree interessate dall’evento calamitoso compatibilmente con la normativa europea e con i principi vigenti in materia di disciplina della concorrenza e dei mercati;
  2. i) disciplina delle misure da porre in essere per rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita nelle aree colpite dagli eventi consistenti: negli interventi strutturali e non strutturali di prevenzione e di ripristino dei territori, di recupero delle opere e delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico danneggiate, comprese quelle strategiche, nonché volte alla riduzione del rischio residuo e delle altre misure per favorire il superamento dello stato di emergenza, anche prevedendo eventuali forme di micro-credito agevolato, nonché la ripresa economica dei soggetti privati e delle attività economiche o produttive danneggiate, tenendo conto di eventuali indennizzi o risarcimenti di natura assicurativa; esclusione dell’applicabilità delle misure di cui alla presente lettera agli edifici abusivi danneggiati o distrutti.

La volontà del legislatore, con la delega, è quella di consentire attraverso i decreti legislativi una semplificazione normativa.

In Parlamento

Anche quello appena trascorso  è stato un mese impegnativo a cominciare dal lavoro emendativo intorno al nuovo decreto terremoto. Alcuni degli emendamenti al testo- che inizia questa settimana il suo percorso nell’aula della Camera- redatti insieme ai colleghi marchigiani sono stati accolti dal Governo. In particolare si è introdotto un fondo di 23 milioni di euro destinato a ristorare il danno indiretto subito dalle imprese turistiche, commerciali ed artigiane a seguito del sisma. Chiarita finalmente la portata applicativa della busta paga pesante, riguardante anche i pensionati e per la quale è esplicitata la restituzione rateizzata. Introdotta inoltre la possibilità, tramite Invitalia, di sottoscrivere contratti di sviluppo territoriale per l’attrazione di investimenti nelle aree colpite dal sisma. Accolto, inoltre, il mio emendamento che ha esteso anche ai Comuni collocati fuori dal cratere sismico la possibilità di derogare al limite minimo di 200 giorni di scuola in presenza di istituti scolastici inagibili o di ordinanze di chiusura delle scuole, previsione già concessa per i Comuni del cratere ma richiesta in modo particolare dai Sindaci della nostra provincia.

C’è inoltre una previsione particolarmente importante, frutto del lavoro promosso dalle commissioni parlamentari insieme al Ministero dei Beni culturali: la destinazione dal 2017 al 2026 delle risorse statali dell’otto per mille a favore del recupero e restauro dei beni culturali danneggiati dal sisma. Una previsione, discussa con il Ministro Franceschini durante la sua visita a Matelica nel febbraio scorso, che ora diventa finalmente realtà.

 

Nel campo dei beni culturali e dell’istruzione restano aperte alcune questioni, evidenziate nel parere di cui sono stata relatrice in Commissione cultura ( LEGGI TESTO), su cui si dovrà continuare a lavorare con i rispettivi Ministeri.

Sempre riguardo alle zone colpite dal sisma, è bene evidenziare la misura adottata nel DecretoMilleproroghe  che stanzia 4 milioni di euro a sostegno delle attività culturali delle 4 regioni colpite dal sisma. Un provvedimento frutto di un lungo lavoro di concertazione tra Mibact e regioni che vuole sostenere quei soggetti dello spettacolo dal vivo che, con la loro offerta culturale, garantiscono occupazione e valorizzazione, anche turistica, dei nostri territori. Ancora più importante in questa fase di difficoltà. Risorse che, come previsto nel mio ordine del giorno accolto dal governo, dovranno essere assegnate alle regioni interessate non in misura paritaria ma in proporzione ai danni subiti così da garantire – soprattutto per la Regione Marche- misure adeguate e proporzionate al danno subito. Buone notizie per la provincia di Macerata anche grazie alla riapertura del termine per il riconoscimento dei Distretti turistici da parte delle Regioni. Il territorio maceratese e’ ad oggi l’unico privo di un distretto turistico a differenza delle altre province marchigiane. Istituzioni ed operatori privati della provincia di Macerata hanno ora a disposizione un’opportunita’ ancor più preziosa nel momento di difficoltà che il nostro territorio sta vivendo dopo i terremoti di agosto ed ottobre. A questo punto bisogna solo mettersi all’opera, c’è tempo fino al 31 dicembre per operare il riconoscimento.

La Commissione Cultura ha approvato finalmente il testo della proposta di legge riguardante le imprese culturali e creative di cui sono relatrice, che modificata con il voto unanime di tutti i gruppi parlamentari passa ora all’esame delle altre commissioni e spera di arrivare presto in aula per la sua approvazione. Un passaggio importante  per un settore produttivo molto significativo che ricomprende al suo interno anche videogiochi e audivisivo sul quale la rivista online gioconews mi ha chiesto qualche opinione (LEGGI ARTICOLO).

E infine…

Fedele al mio intento di fare di questa newsletter uno spazio di condivisione culturale oltre che politica mi fa piacere segnalarvi l’uscita, nei giorni scorsi, di una bella pubblicazione promossa dall’Osservatorio di genere, dedicata alla toponomastica femminile e alla storia tante protagoniste della politica, della cultura, delle istituzioni, della vita sociale della nostra regione. Cercatelo, è già in ristampa …